“Santa Tecla”: dopo altri sei mesi trascorsi in cella a Secondigliano, l’imprenditore definitivamente condannato per mafia lascia il carcere per motivi di salute
Nella tarda mattinata di sabato scorso ha lasciato il carcere di Secondigliano, nel Napoletano, ed è ritornato a casa sua, a Corigliano Calabro. L’imprenditore 61enne Mario Straface, definitivamente condannato per associazione mafiosa ed estorsione aggravata e continuata, sconterà quel che gli resta da scontare nella propria abitazione di contrada Mandria del Forno.
Così hanno deciso i giudici del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, sciogliendo la riserva posta a seguito dell’udienza tenutasi mercoledì scorso a seguito del ricorso proposto dai difensori dell’imprenditore, gli avvocati Ernesto D’Ippolito e Gianluca Serravalle, per motivi di salute che vedono l’uomo incompatibile con la detenzione carceraria. Una questione sulla quale s’erano già pronunciati i giudici della suprema Corte di Cassazione lo scorso 10 marzo, sul ricorso proposto dalla Procura generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro avverso l’ordinanza del 25 novembre 2014 con la quale il Tribunale del Riesame di Catanzaro, in sede d’appello, aveva assegnato Straface agli arresti domiciliari per gli stessi motivi di salute. Il 9 gennaio però v’era stata la pronuncia da parte d’una diversa sezione della Cassazione, che aveva confermato con valore di giudicato definitivo la condanna a sei anni e otto mesi di reclusione nei confronti dell’imprenditore nell’ambito del maxiprocesso “Santa Tecla”. Al momento della pronuncia definitiva della sentenza di condanna Mario Straface si trovava infatti proprio agli arresti domiciliari nella propria residenza dov’era tornato dopo quattro anni e mezzo, da quel 21 luglio del 2010 che lo vide finire in manette insieme al fratello Franco (deceduto nel novembre del 2011) e ad altre sessantacinque persone tutte accusate d’appartenere al locale di ‘ndrangheta coriglianese. Qualche giorno dopo i familiari lo accompagnarono in Pronto soccorso presso l’ospedale cittadino, dove l’uomo venne ricoverato per accertamenti e rimase piantonato dai carabinieri per oltre una decina di giorni. Ma l’ordine d’esecuzione della pena venne spiccato pure per lui, come per alcuni altri condannati definitivi, i quali, come lui, nel frattempo erano stati assegnati ai domiciliari oppure si trovavano addirittura in libertà. I carabinieri perciò, la sera del 24 gennaio lo prelevarono dall’ospedale per trasferirlo nuovamente in carcere, prima a Rossano e poi a Secondigliano. Adesso, dopo altri sei mesi trascorsi in cella, ha potuto fare ritorno a casa. Il 28 febbraio scorso, invece, i finanzieri del Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata in forza al Nucleo di polizia tributaria di Catanzaro, avevano notificato il provvedimento di sequestro dei beni degl’imprenditori Straface e dei loro familiari: tanto a carico di Mario quanto nei confronti degli eredi dello scomparso Franco. Il provvedimento era stato emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Cosenza, su richiesta del Procuratore distrettuale di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo. I beni, “avviati” per la confisca da parte dello Stato, sono ora oggetto d’un processo finalizzato al dissequestro.