Il Sen. Ernesto Rapani, in sede consultiva in materia di contrasto del bracconaggio ittico nelle acque interne, ha esaminato il provvedimento attualmente alla 9a Commissione permanente e assegnato alla Commissione Giustizia per il parere. La sessione si è tenuta questa mattina. Il provvedimento in questione mira a una revisione dell’articolo 40 della legge 154 del 2016, il quale disciplina le norme per contrastare la pesca illegale nelle acque interne. Le disposizioni del provvedimento introducono una serie di divieti, con violazioni che comportano sanzioni che vanno dall’arresto da due mesi a due anni, all’ammenda da 2000 a 12000 euro. In casi più gravi, si prevede il ritiro della licenza di pesca o la sospensione delle attività di commercializzazione connesse alla pesca. «Particolarmente rilevante è l’attenzione posta sulla salvaguardia dell’ecosistema fluviale da parte di organizzazioni criminali provenienti dai paesi terzi, soprattutto dall’Est Europa, ha affermato il parlamentare. Questo divieto riguarda l’esercizio della pesca professionale nelle acque interne, soprattutto nei fiumi, mentre si consente invece la pesca professionale, con specifiche limitazioni nei laghi e nelle acque salse, salmastre o lagunari, individuate dettagliatamente nel disegno di legge. Le sanzioni previste rimangono invariate anche per quanto riguarda il possibile ritiro delle licenze per la pesca professionale e le attività commerciali connesse». Riguardo agli emendamenti, il Sen. Rapani ha evidenziato l’importanza di alcune specifiche proposte per l’espressione del parere. Tuttavia, per quanto di competenza, non sono state formulate osservazioni né sul testo originale né sugli emendamenti.
Le modalità illegali, come l’uso di corrente elettrica, veleni e altre sostanze chimiche, hanno un impatto distruttivo sull’ecosistema acquatico. Nonostante gli sforzi delle forze dell’ordine, la vastità dei corpi idrici, le modalità e gli orari della pesca illegale, e la complessità normativa, rendono difficili gli interventi efficaci.
Si sottolinea la connessione tra la pesca illegale e il bracconaggio ittico industriale e le lacune legislative nella regolamentazione della pesca professionale. La pesca professionale in acque interne viene descritta come un’attività anacronistica, in contrasto con il degrado della risorsa ittica nelle aste fluviali.
Il documento propone di vietare la pesca professionale in tutte le acque dolci (canali e fiumi) del territorio nazionale, ad eccezione delle acque lagunari, salmastre e di alcuni grandi laghi e laghi minori già utilizzati per la pesca professionale in modo cooperativo e tradizionale.
Per contrastare il problema, si propone una modifica legislativa, circoscrivendo la sanzione per la pesca professionale alle acque lagunari, salmastre e a alcuni grandi laghi e laghi minori. Le regioni e le province autonome avranno la possibilità di derogare a questo divieto per alcune specie di pesci e gamberi, nei limiti e con le modalità previste dalle normative dell’Unione Europea.
Il disegno di legge mira a rendere più specifiche e aderenti ai divieti prescritti le sanzioni previste per la pesca professionale, cercando di contrastare la pesca illegale e il bracconaggio ittico industriale (Comunicato stampa).