Sapevamo che da decenni nei magazzini della zona archeologica di Sibari (inizialmente delle semplici baracche di legno) giacevano migliaia di reperti in buona parte da restaurare e nemmeno classificati.
Venire a conoscenza che finalmente si comincia a mettere mano ad un’operazione che avevamo auspicato ci rende tutti particolarmente lieti. Il direttore dott. Filippo Demma sta mettendo in essere le attività che per anni non si erano potute neanche ipotizzare per la penuria di fondi (almeno questo ci veniva riferito). Apprendiamo che giovani ricercatori di Lucca e della Campania hanno contribuito alle attività preliminari e successivamente altri eccellenti studiosi provenienti da altre università si occuperanno della sistemazione e del recupero definitivo dei reperti. Purtroppo la nostra università non ha alcun corso di archeologia, né una facoltà specifica. Invece di aprire un doppione di medicina a Cosenza, non sarebbe stato opportuno pensare ad una facoltà che potesse preparare gli esperti per lavorare su ciò che abbiamo “copiosamente” in ogni dove della nostra regione?
Antonio M. Cavallaro