Regge la versione del presunto killer e, nonostante i punti critici rilevati, non è stata accolta la richiesta di riesame per Salvatore Buffone, accusato di essere il mandante dell’omicidio del proprio cognato, Carmine Avato (foto), muratore di San Cosmo Albanese ucciso nella notte tra il 14 e il 15 novembre scorso. Ad autoaccusarsi del gesto, e ad indicare Buffone quale mandante, è un giovane romeno, Cristian Dulan, 30 anni, trovato in possesso di una pistola dello stesso calibro, 7,65, di quella che avrebbe sparato contro Avato.
Secondo i giudici del Tdl, per Salvatore Buffone, 31 anni, permane la custodia cautelare in carcere perché nonostante la difesa dell’indagato si sia più volte soffermata sulla questione della credibilità del romeno, «le osservazioni difensive, per quanto pregevoli e apprezzabili sul piano della ricostruzione della vicenda delittuosa, si scontrano con le chiare e non equivocabili dichiarazioni del Dulan, che, pur facendo emergere nel racconto alcuni, ma di ridotta rilevanza, punti critici, è da ritiene, allo stato, altamente credibile e attendibile, non ravvisandosi elementi che possano far propendere per la falsità della chiamata in reità di Salvatore Buffone». In sostanza, nonostante alcuni punti critici rilevati, per i giudici regge la versione resa in sede di interrogatorio da Cristian Dulan che accusa se stesso e punta il dito contro Buffone come suo mandante. Nel corso dell’interrogatorio reso ai carabinieri della Compagnia di Corigliano lo scorso 27 dicembre, Dulan ha dichiarato di avere ricevuto da Buffone, diversi mesi prima del delitto, la richiesta di uccidere il cognato perché, a suo dire «maltrattava la famiglia della sorella». Dulan dimostra di non conoscere i particolari di tali maltrattamenti ma secondo i giudici le sue dichiarazioni «si rivelano altamente credibili, perché provengono da soggetto che si è assunta la responsabilità della condotta materiale del fatto omicidiario». Dulan è stato arrestato il 27 dicembre scorso quando i carabinieri di Corigliano, su disposizione del procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla e del pm Maria Grazia Anastasia, hanno eseguito una perquisizione a casa del romeno il quale, all’arrivo dei militari, ha cercato di disfarsi dell’arma gettandola dalla finestra. Dulan ha poi affermato di avere ricevuto dal mandante 500 euro. Ma non erano soldi per il lavoro svolto. Erano, dice lui, «a titolo di rimborso spese per i miei movimenti». Secondo gli investigatori, il 18 novembre, ossia il giorno nel quale Dulan dichiara di aver incontrato Buffone per la consegna della somma concordata, quest’ultimo avrebbe prelevato 600 euro. Secondo il gip e il Tdl l’unica esigenza cautelare ravvisata è quella della reiterazione del reato «considerato che la partecipazione al grave fatto di sangue […] fa emergere una elevata pericolosità , per aver preordinato un e organizzato un grave fatto in danno di soggetto a lui legato da rapporto di affinità». Dal canto suo la difesa, rappresentata dall’avvocato Chiara Penna, è pronta a ricorrere in Cassazione non ritenendo sussistente l’unica esigenza cautelare ravvisata dal gip e dal Tdl. Nei prossimi giorni dovrebbero essere resi noti i risultati delle analisi condotte dai Ris di Messina sulla pistola trovata in possesso a Cristian Dulan.