A Rossano le accuse e le richieste di Rifondazione, a Corigliano l’indignazione dei bagnanti
A distanza di dieci giorni dall’alluvione che ha colpito al cuore Rossano, Corigliano Calabro e Mirto-Crosia, è tempo di riflessioni sulla “friabilità” urbana delle realtà municipali joniche. Ma anche di feroci polemiche. Ad alzare la voce, a Rossano, è il Partito della rifondazione comunista. Le donne e gli uomini del “Circolo Stefano Milei-Franco Veneziano” denunciano: «Assistiamo a un dibattito surreale rispetto all’evento e alla gestione dell’emergenza da parte degli attori politici di Rossano, si parla d’evento eccezionale e, se da una parte è vero che la responsabilità ultima dell’evento è stata la precipitazione fuori norma, è vero anche che l’antropizzazione del territorio ha fatto la sua parte».
E se l’intensa pioggia non poteva essere prevista, secondo i comunisti rossanesi «era evidente che costringere un alveo all’interno d’un capillare costituiva una criticità: lottizzare aree di deflusso, ridisegnare il profilo della valle seguendo il perimetro delle particelle catastali forse poteva portare qualche problema. Sì, perchè la mano che cementifica e specula mette a rischio la salute e il patrimonio pubblico e pubblico vuol dire che è di tutti, come di tutti sarebbero, e sono, i fiumi, l’aria, il mare: invece, secondo la logica con la quale si è amministrato negli ultimi vent’anni a Rossano “pubblico” vuol dire “di nessuno” perché terreno di conquista e oggetto dei desideri di qualcuno, ed è l’affare migliore». Rifondazione comunista chiede quindi di «individuare e perseguire le responsabilità politiche e tecniche d’un ennesimo disastro annunciato e, prevedibile, lungi quindi dall’essere un semplice evento naturale come continua a sostenere l’attuale amministrazione comunale». E insiste: «Una nostra delegazione guidata dal segretario regionale Pino Scarpelli sin dai primissimi giorni ha effettuato un sopralluogo nei punti focali del disastro, individuando almeno tre punti critici: uno è lo straripamento del torrente Inferno e dei suoi affluenti in contrada Matassa, responsabile dei danni alle case di via Caboto, alla scuola materna poco distante e a tutta la zona a valle; ricordiamo ancora una volta alla città e a noi stessi che questo torrente è stato ristretto da un alveo di circa dodici metri a uno di circa due metri; il secondo punto problematico individuato è un’altura attualmente interessata da lavori edili, alle spalle della stessa zona, che ha contribuito sia allo straripamento sia ai danni; il terzo è l’annoso e storico problema del torrente Citrea, che ha causato i danni maggiori nella zona di Lido Sant’Angelo, senza dimenticare tutte le zone colpite, anche le più nascoste e periferiche, che non hanno visto stivali, camicie e divise pulite».
Poi un elenco di “richieste”: «Rifondazione comunista chiede alle Istituzioni preposte un commissario e un’équipe di tecnici atti ai lavori e alla sovrintendenza del ripristino degli alvei naturali dei torrenti, la decementificazione, l’allargamento e l’imbrigliamento degli stessi per una più sicura scorrevolezza delle acque, che, libere da ostacoli e detriti vari, possano percorrere proprio naturale percorso senza causare ulteriori danni, anche in caso di piena; riguardo ai lavori sull’altura di contrada Matassa, come per tutti i lavori che dopo le analisi dei tecnici inviati dalla Procura della Repubblica di Castrovillari dovessero risultare pericolosi, chiediamo di nuovo il commissariamento e non l’interruzione dei lavori stessi se possibile, affinché questi possano essere compiuti in sicurezza per il territorio e senza un’inutile spreco di risorse pubbliche». Richieste per le quali il partito preannuncia una petizione popolare.
Nella vicina Corigliano Calabro, invece, da due giorni è polemica rovente, roventissima, in merito alla revoca del divieto temporaneo di balneazione disposta dal sindaco Giuseppe Geraci, il quale l’aveva emesso all’indomani dell’alluvione in attesa delle analisi da parte dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Dai campioni d’acqua di mare prelevati dagli stessi tecnici dell’Arpacal lunedì 17 agosto lungo il litorale coriglianese emerge che «i valori riscontrati sono conformi ai limiti della normativa e quindi le acque del mare sono idonee alla balneazione».
Ma se per il sindaco Geraci fa fede la comunicazione ricevuta in Municipio dall’Arpacal, i bagnanti perseverano nel contestare il provvedimento di revoca del divieto di balneazione perchè nel frattempo – con ogni evidente probabilità – più di qualcosa ha cominciato a non funzionare nel sistema di depurazione delle acque reflue che dal territorio comunale vanno a riversarsi in mare. E che in questi giorni “restituiscono” materiale biologico a furor di popolo ritenuto di provenienza inequivocabile, vale a dire dalle fogne, pubbliche o private poco importa. Altro che balneabilità del mare “sicura” e tranquillizzazioni…