Ieri abbiamo dato notizia dell’assoluzione, decisa dal tribunale di Lamezia Terme, dell’ex assessore regionale all’agricoltura Giovanni Dima, 56 anni coriglianese ma attualmente residente a Rossano, nonché del suo segretario ai tempi dell’incarico di assessore, Claudio Novelli, 61 anni, di Rossano. Nel fornire i particolari dell’inchiesta per cui Dima e Novello erano chiamati a rispondere, ma soprattutto dei reati per i quali i due erano stati rinviati a giudizio, siamo caduti in alcune inesattezze, ed è per il rispetto della verità dei fatti e per il rispetto che nutriamo nei confronti dei lettori del blog, nonché per “dare a Cesare quello che è di Cesare”, che vogliamo ricondurre nel giusto alveo dei fatti processuali la vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto l’ex parlamentare di Alleanza Nazionale. Innanzitutto il Pm Santo Melidona aveva chiesto in prima battuta al collegio giudicante ((presidente Maria Teresa Carè; a latere: Angelina Silvestri e Annalisa Martire) l’assoluzione perchè il fatto non sussiste per il reato di concussione, alla luce di questa richiesta lo stesso reato è decaduto e non, come riportato in precedenza, prescritto. Vi è stata poi una riqualificazione della imputazione nei confronti di Dima e Novello che è stata rubricata dalla corte nella fattispecie prevista dall’art 319 quater c.p., cioè induzione indebita tradotta in maniera concreta in sollecitazione o semplice raccomandazione e non in corruzione come riportato erroneamente nel nostro precedente articolo. Dima che nel corso del processo è stato difeso dagli avvocati di fiducia Giovanni e Aldo Zagarese, veniva giudicato in qualità, all’epoca dei fatti, di assessore regionale all’agricoltura insieme al suo segretario, il quale, secondo l’accusa, tra il 1999 e il 2005 avrebbe preteso di far assumere alcune persone presso il Consorzio Corassol, mentre dagli atti processuali non è emersa la circostanza di due donne che non avrebbero svolto alcuna attività lavorativa, così nella vicenda giudiziaria non è mai stato toccato l’argomento di presunti tesseramenti per conto di An. Alla luce della decisione presa dai giudici di Lamezia Terme, una volta che saranno depositate le motivazioni della sentenza, Giovanni Dima non è da escludere che possa impugnare il provvedimento per ciò che attiene l’intervenuta prescrizione.
Giacinto De Pasquale{jcomments off}