Le ultime vicende giudiziarie che coinvolgono il presidente della giunta regionale hanno suscitato varie e contrastanti reazioni. Da un lato i colpevolisti e dall’altro gli innocentisti: entrambi “a prescindere”.
Queste posizioni sono da respingere in termini assoluti. Le eventuali responsabilità penali che sono oggetto di esame della Magistratura, per quel che ci riguarda, sono del tutto irrilevanti rispetto al quadro istituzionale, politico e gestionale che emerge dai resoconti della stampa.
Occorre in via preliminare sottolineare come in rapporto ad alcuni fatti che riguardavano ex assessori della giunta regionale e l’ex presidente del consiglio regionale, l’attuale governatore non esitò a cavalcare una posizione di colpevolezza per proteggere la propria immagine e rappresentarla all’esterno come quella di un personaggio inflessibile rispetto a qualsiasi sospetto di colpevolezza che potesse riguardare consiglieri regionali impegnati a livello di giunta.
Bastò un semplice avviso di garanzia per allontanare rapidamente dalla giunta in particolare il consigliere Guccione e il Presidente del Consiglio, Antonio Scalzo.
In quella vicenda, l’attuale governatore mostrò un freddo cinismo massacrando l’immagine di alcuni suoi collaboratori.
L’estromissione dalla giunta di assessori toccati dal sospetto di alcune illegalità fu la premessa per realizzare un mostro politico-gestionale: la giunta dei cosiddetti esperti.
Successivamente, mostrando maggiore cinismo, l’attuale governatore non esitò a sostenere le candidature di Ciconte a sindaco del comune di Catanzaro e di Guccione a sindaco del comune di Cosenza.
Secondo la cinica visione dell’attuale governatore, Ciconte e Guccione non potevano assolutamente varcare la soglia della “città proibita” come la definì Sandro Principe; ma invece potevano varcare la soglia di Palazzo dei Bruzi e di Palazzo De Nobili.
La città proibita non poteva accogliere persone solo sospettate di non essere adamantine; mentre, queste stesse potevano essere digerite da esperienze locali per le quali non vigeva il personalissimo “codice etico” del “governatore”.
A questo punto c’è da chiedersi se il codice etico vale solo per gli altri, oppure se c’è per il governatore la presunzione assoluta di innocenza e di non colpevolezza.
Ma qual’è il modello gestionale che le intercettazioni telefoniche riportate dalla stampa rappresentano ai calabresi ?
Intanto nelle intercettazioni gli assessori spariscono. Chi deve risolvere un problema non fa riferimento all’assessore al ramo, ma si riferisce esclusivamente al motore unico, da cui promanano tutte le decisioni.
Non è opportuno soffermarsi sugli aspetti che potrebbero contenere profili di responsabilità penale perché non ci interessano.
Il quadro che emerge è che in capo alla Regione Calabria v’è un monopolista “gestore unico”, assommante in sé tutte le gestioni nelle quali si articola la complessa attività politico-amministrativa regionale.
Un siffatto sistema gestionale avrebbe mai potuto produrre un qualche risultato positivo per la Calabria ?
L’attuale governatore, dopo aver rovinosamente disintegrato il quadro politico che lo aveva espresso, piegato il partito democratico alle sue personali esigenze, cancellato il ruolo del consiglio regionale quale istituzione democratica, trasformati gran parte dei consiglieri rregionali a docili maggiordomi in cambio di qualche misero osso da spolpare, travalicato il confine di netta separazione tra politica e burocrazia a cui la legge assegna la gestione, è rimasto solo nella complessa amministrazione dei gravi problemi calabresi.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
La vicenda giudiziaria è utile solo per capire quali siano state le modalità di gestione del potere in Calabria che si sono sempre tradotte nel potere concentrato in una sola persona.
Le responsabilità penali non ci interessano. Anzi, auguriamo al presidente di poter superare questo momento di difficoltà personale. Il giudizio politico resta però assolutamente negativo.
Cassano Jonio, 29 dicembre 2018
Luigi Adduci per MDP Cassano Jonio