Malapolitica e malamministrazione: la speculazione edilizia avallata dai consigli comunali degli ultimi vent’anni
Danni incalcolabili. E due grandi colpevoli. La malapolitica e la malamministrazione che in ispecie negli ultimi vent’anni hanno legalizzato l’alluvione che ha travolto Corigliano Calabro, in lungo e in largo, durante la mattinata dello scorso 12 agosto. I cittadini imprecano proprio contro la classe dirigente che ha favorito e permesso tale disastro. Ma l’alluvione fa emergere il popolo reattivo di Corigliano Calabro, che nell’ormai piena consapevolezza delle grandi, grandissime colpe della politica e dell’amministrazione, s’è rimboccato le maniche. Con le tante attività produttive della città in gran parte già rimesse in piedi grazie alle energie messe in campo dai titolari, unite alle tante manifestazioni di concreta solidarietà di numerosi cittadini.
Il resto sono le chiacchiere della politica. Anche – anzi, in questo momento soprattutto – di quella sedicente politica “d’opposizione” immediatamente pronta a sciacallare contro chi “comanda” al momento. E che lo fa ormai per consuetudine davanti ad ogni “ghiotta occasione”, non avendo mai denunciato un bel fico secco. A nessuno. Veniamo all’Istituzione-Comune. Dove s’annidano responsabilità politiche, amministrative e burocratiche abnormi ed abominevoli. Che molto difficilmente – semmai sarà accesa un’inchiesta penale sui danni di quest’alluvione – porteranno Tizio, o Caio o Sempronio, o tutt’e tre insieme, sul banco degl’imputati. E nel gabbio dei condannati.
Già, perché il Consiglio comunale in carica eletto nella primavera di due anni fa, alla sua prima seduta aveva eletto quale proprio presidente proprio chi da poco era andato a vivere nella sua hollywoodiana villa costruita su terreno agricolo non edificabile a norma del Piano regolatore vigente nel Comune di Corigliano Calabro. Nessuno scandalo per nessuno, men che meno per gli “oppositori”, grilli parlanti e solo parlanti, perchè il consigliere abusivo siede ancora e tuttora in Consiglio comunale, ne è presidente emerito.
Un Consiglio comunale figlio legittimo di quelli precedenti degli ultimi vent’anni che con gli strumenti delle lottizzazioni e delle varianti al Piano regolatore generale del Comune hanno legalizzato l’alluvione che ha colpito e affondato il cuore della popolosa frazione dello Scalo. Con le sue due arterie principali, Via Nazionale e Via Provinciale, diventate alla lettera un fiume in piena nelle prime ore d’una mattina d’agosto. Un fiume nato dalle (furono) colline argillose sbancate, anzi sventrate, alcuni chilometri a monte, progressivamente proprio nell’ultimo ventennio. Adesso sono villini, ville, villette, villoni, palazzi e palazzine contronaturalmente autorizzate alla speculazione edilizia dei noti Tizio, Caio e Sempronio, con cui la politica e l’amministrazione sono andati a grande merenda non solo su quelle ex colline ma in lungo e in largo sull’intero vasto territorio comunale, passando per lo Scalo ed arrivando fino al mare, non tralasciando affatto le tante altre frazioni e contrade.
Il violento e repentino sollevamento della pavimentazione d’una centralissima e nuovissima area a servizio adibita a parcheggio, posta esattamente all’incrocio tra Via Nazionale e Via Provinciale, dice tutto e non il suo contrario sull’edilizia coriglianese degli ultimissimi anni. Chiunque abbia un minimo di memoria sa bene che qualche metro sotto quel parcheggio insiste una vecchia condotta di raccolta delle acque bianche che parte da contrada Cannata, ubicata un paio di chilometri a monte. Tutto legale, ovviamente. Perfettamente a norma e “a regola d’arte” come talune opere pubbliche degli ultimi dieci anni. Il ponte sul torrente Gennarito, per esempio. Siamo in contrada Fabrizio, sul prolungamento del lungomare della popolosa frazione marina di Schiavonea. E quel ponte eretto praticamente sulla spiaggia ha ceduto, spingendo nell’ammasso di fango creato dallo straripamento del sottostante torrente una decina d’autovetture dei villeggianti nelle villette e case di vacanza ubicate in quegli angusti e pericolosi metri quadri. In piena estate il ponte è chiuso e il lungomare è spezzato, anzi spazzato dalla natura perché contronaturale. Nella tarda mattiata di ieri sul posto ha fatto capolino il sindaco Giuseppe Geraci col prefetto Gianfranco Tomao. Il primo cittadino ha mostrato al massimo rappresentante del Governo in provincia una delle tante peculiarità strutturali d’un territorio incontrollato dai suoi politici amministratori. E lui, Giuseppe Geraci, l’ha amministrato per due lunghi mandati negli ultimi vent’anni, quello attuale è il terzo.
Sullo sfondo Via Lucania e Via Calabria, e siamo tornati nel centro del centro dello Scalo cittadino. Dove i residenti nel pomeriggio di vigilia di Ferragosto stavano ancora spalando i quintali di fango entrati nelle loro basse case con l’aiuto di cittadini solidali. E senza alcun inutile riflettore mediatico…