Un pentito racconta d’un progettato omicidio. E dall’inchiesta antimafia emergono nuovi particolari sui contrasti col nonno del piccolo “Cocò”…
Sarebbe stato il capo supremo della ‘ndrina di Corigliano Calabro e una delle sole due teste in quella che viene descritta come una “diarchia” nella gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti nell’intera Piana di Sibari.
Non solo. Già, perché Filippo Solimando all’occorrenza poteva diventare pure uno spietato killer e comporre un “gruppo di fuoco” con la missione di rispedire al Creatore persino vecchi “amici”.
Il pentito di Cassano Jonio Pasquale Perciaccante – nei suoi vecchi ambienti inteso come “Cataruozzolo” – il 6 giugno 2014 ha dichiarato ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro d’avere conosciuto Filippo Solimando fra il 1999 e il 2000 e che all’epoca erano entrambi latitanti assieme a Franco Abbruzzese alias “Dentuzzo”.
Perciaccante ha, tra l’altro, raccontato che “Dentuzzo” e Solimando avrebbero fatto più intimidazioni a Giuseppe Iannicelli cui rimproveravano di non essere in grado di controllare lo spaccio di sostanze stupefacenti a Cassano.
Giuseppe Iannicelli è il nonno del piccolo Nicola “Cocò” Campolongo d’appena tre anni: nonno e nipotino, assieme alla giovane compagna marocchina del primo, “Betty” Taoussa, sono stati uccisi a colpi di pistola, nel gennaio dello scorso anno, e poi bruciati all’interno della Fiat Grande Punto di Iannicelli, che venne ritrovata carbonizzata coi resti dei tre corpi all’interno nella sperduta campagna di contrada Fiego di Cassano.
Il 5 maggio 2014, il pentito Perciaccante aveva già riferito ai magistrati antimafia quanto aveva appreso da Battista Iannicelli detto “Tilaretto”, fratello di Giuseppe Iannicelli.
Ed è impressionante – secondo i magistrati – come egli abbia riferito a Perciaccante la situazione che s’evince dalle investigazioni della maxi-inchiesta “Gentleman” che ha portato in carcere Solimando.
Perciaccante, infatti, ha riferito de relato che l’offerta di stupefacente nell’intera Sibaritide è monopolizzata da Filippo Solimando e Luigi Abbruzzese figlio di “Dentuzzo”, collaborati da Antonio Pavone, fratellastro dello stesso “Dentuzzo” in quanto figlio naturale di Celestino Abbruzzese alias “Asso di bastone”.
E “l’importanza” di Filippo Solimando è ben descritta, pure, dal pentito cosentino Mattia Pulicanò, nel verbale dell’interrogatorio reso il 30 maggio 2014.
Egli ha riferito d’una “frattura” creatasi in seno al gruppo zingaro di Cosenza, tra gli uomini di Antonio Abbruzzese detto “figlio di Banana” e l’omonimo Antonio Abbruzzese detto “Tonino strusciatappina”.
Contrasti che risalivano al giugno 2009: “Tonino strusciatappina” era stato accusato d’avere sottratto dalla “bacillella” un’ingente somma di denaro.
Ma tanto il “figlio di Banana” che “Tonino strusciatappina” furono arrestati, un mese dopo, nel blitz della maxioperazione “Timpone Rosso”.
Nel maggio 2013 entrambi furono assolti dalla Corte d’Assise di Cosenza e scarcerati.
Fu allora che l’omicidio di “Tonino strusciattapina” diveniva una “priorità”.
E Pulicanò ha riferito che Filippo Solimando doveva comporre il gruppo di fuoco per ammazzare “Strusciatappina”. Un’azione – per sua fortuna – rimasta incompiuta.