A Buenos Aires come ambasciatori della Calabria in Argentina e per suggellare, attraverso la cerimonia ufficiale in programma lunedì prossimo, il gemellaggio della cittadina jonica con la città di Villa Maria dove vive una nutrita colonia di emigrati trebisaccesi. Nei giorni che precedono l’importante avvenimento la delegazione guidata dal sindaco Franco Mundo, dall’assessore Saverio La Regina, dal presidente del Rotary “Alto Jonio” Andrea Casaleno e da un gruppo di cittadini che si sono aggregati alla delegazione, sta intrattenendo una serie di contatti e di incontri istituzionali per formalizzare, d’intesa con il presidente Oliverio che si tiene in contatto telefonico con la delegazione, la nascita di una sede stabile della Calabria a Buenos Aires attraverso la quale intrattenere rapporti sociali e culturali, per promuovere i prodotti tipici della nostra regione e per articolare una proposta turistica in grado di favorire, visto che in Argentina è estate quando in Italia è inverno, un interscambio turistico tra Calabria e Argentina. Tessitore instancabile di questa fitta tela di rapporti tra la Calabria e l’Argentina è Mario Stellato, noto albergatore di Trebisacce, che intrattiene da sempre fitti contatti con i calabresi emigrati in Argentina. Nei giorni scorsi la delegazione trebisaccese ha visitato Buenos Aires e qui, dopo aver fatto tappa in “Plaza de Mayo” per rendere omaggio alle migliaia di giovani “desaparecidos” immolatisi per la libertà del popolo argentino, ha avuto un proficuo incontro (nella foto) con il vice-presidente della Camera di Commercio italiana in Argentina, il reggino Arturo Curatola, l’albidonese dottor Pino Napoli e un importante “tour operator” argentino con i quali sono stati approfonditi i dettagli della missione. Lunedì prossimo, invece, ci sarà la cerimonia ufficiale del gemellaggio tra Trebisacce e Villa Maria, una ridente cittadina che sorge nella provincia di Cordoba alla cui fondazione ed alla cui evoluzione industriale hanno dato un notevole contributo i trebisaccesi emigrati nel primo dopoguerra.
Pino La Rocca