Rallenta in Italia nel 2014 il calo degli infortuni e delle morti sul lavoro registrato nel 2013 e per le donne lavoratrici l’aggravamento è doppio rispetto agli uomini e se il 2,5% del calo infortunistico è imputabile alla crisi economica e alla riduzione del monte ore lavorate è al Centro-Sud più che al Nord che l’andamento peggiora. È questa in estrema sintesi la fotografia che fa l’Anmil su un tema così delicato e sentito come gli infortuni sul lavoro. I dati che l’Anmil propone mostrano come nel periodo 1° gennaio – 31 ottobre 2014 si siano verificati ben 549.000 infortuni con un calo solo di 27.000 unità rispetto ai 576.000 dello stesso periodo dell’anno precedente. Certamente, sottolinea l’Anmil, bisogna offrire maggiore formazione qualificata ai lavoratori italiani, per far crescere dal basso una cultura della prevenzione che è contraddetta quotidianamente dalla diffusa mancanza di lavoro con contratto regolare. I maschi lavoratori hanno fatto registrare una riduzione di infortuni del 5,6%, pari esattamente al doppio di quella femminile che è stata del 2,8%. A livello territoriale il calo è risultato più accentuato nel Nord Est (-5,5%) e Nord Ovest (-4,7%), mentre nel Centro, Sud e Isole i valori sono inferiori alla media nazionale. Eppure la crisi economica avrebbe dovuto migliorare l’andamento infortunistico, fa rilevare l’Anmil, visto che si è ridotto in misura significativa il monte ore lavorate e di conseguenza l’esposizione al rischio di infortunio. Infatti i settori che hanno patito di più la crisi sono quelli in cui gli infortuni sono diminuiti di più: le Costruzioni (-19%), i Trasporti (-8,0%), la Metallurgia (-7,3%), la Metalmeccanica (-9,9%) e l’Industria manifatturiera in genere (-7,7). E sebbene si tratti di dati non consolidati nei primi dieci mesi del 2014 i morti sul lavoro sono stati 833 rispetto agli 893 casi del 2013 (consolidati). Va segnalato che il calo dei decessi risulta più accentuato tra gli infortuni “in itinere” (-12,4%) rispetto a quelli “in occasione di lavoro” (-4,7%) e il calo ha interessato in misura molto maggiore la componente femminile (-16,7%) rispetto a quella maschile (-5,7%). La situazione calabrese, sempre secondo l’Anmil, merita la massima attenzione delle istituzioni e di quanti sono preposti a salvaguardare la salute dei lavoratori ma tutti insieme bisogna essere consapevoli che, dalla lettura dei dati relativi alla regione Calabria, c’è ancora molto da fare. Ora occorre che il Governo si impegni nelle politiche della sicurezza sul lavoro, della prevenzione e della tutela per infortunati e superstiti delle vittime, potenziando e non semplificando le attività ispettive e di vigilanza mentre continua ad essere ancora incompleta l’attuazione del Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (D.lgs. 81/2008) del quale più di venti provvedimenti attuativi attendono una firma. Tuttavia l’attuazione delle norme e la loro osservanza devono essere oggetto di attenzione da parte di chi è preposto sui territori e per questo l’Anmil chiede altrettanto impegno su questi temi a partire da sindaci, assessori competenti ma anche l’Inail e i sindacati affinché la battaglia non sia solo per un lavoro ma per un lavoro in sicurezza. Allo stesso tempo l’Anmil chiede in maniera forte che venga rimessa mano completamente e in modo organico alla normativa sull’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro assolutamente inadeguata, la quale è regolata ancora da un Testo Unico risalente al 1965 che compie mezzo secolo proprio quest’anno e continua a non tenere conto dei cambiamenti sociali intervenuti nei cinquant’anni trascorsi dalla sua prima entrata in vigore. «I dati forniti sugli aumenti degli infortuni sul lavoro, anche mortali, soprattutto nelle regioni del Centro-Sud sono allarmanti e preoccupanti e devono spingere tutti coloro che, a qualsiasi titolo, hanno responsabilità ad assumere tutte le più opportune iniziative per affrontare questo drammatico fenomeno». Lo sostiene, in una nota, la segreteria regionale della Cgil. «Nei prossimi giorni – aggiunge – la Cgil calabrese riunirà il proprio esecutivo regionale anche per esaminare tale allarmante situazione, e per decidere idonee iniziative su una questione che coinvolge tante famiglie di lavoratrici e lavoratori. Per intanto – conclude il sindacato – sollecitiamo tutte le istituzioni e le Prefetture calabresi a esaminare tale situazione allarmante e a mettere in campo iniziative per fronteggiarla».
Giacinto De Pasquale