I collaboratori di giustizia Mattia Pulicanò e Silvio Gioia hanno fatto il nome di Filippo Solimando come capo ‘ndrina: l’uomo è finito più volte sotto processo ma è stato sempre assolto   
Il primo: «(…) Conosco da sempre Filippo Solimando di nome, attualmente è responsabile di Corigliano Calabro. Fra gli altri Pietro Garofalo, col quale sono stato insieme detenuto a Cosenza, fra il 2010 e il 2011, mi ha parlato di Solimando quale capo di Corigliano (…)».
L’altro: «(…) In un’occasione, il giorno dell’Immacolata del 2010, in serata, ho accompagnato Celestino Abruzzese fratello del “Pirolo” a Corigliano, nei pressi del porto, vicino a un locale denominato Cappuccetto Rosso. Qui, tale Alessandro, ha consegnato a Celestino un quantitativo pari a circa 100 grammi di eroina. Abbruzzese Celestino, fratello del “Pirolo”, mi spiegava che Alessandro è nipote di Filippo, cioè del capo dei “coriglianesi” e che è “vicino” agli Abruzzese (…)».
Ecco lo “spaccato” inedito degli ultimi assetti criminali nell’area jonica cosentina.
Spunta il nome dell’ipotetico capo ‘ndrina di Corigliano Calabro: Filippo Solimando, 45 anni, volto sconosciuto a molti ma più d’una volta finito a processo e sempre assolto. E, ovviamente, libero.    
Ad offrirne il nome su un piatto d’argento al sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, Vincenzo Luberto, sono stati, lo scorso 30 maggio, due collaboratori di giustizia o “pentiti” che dir si voglia entrambi “freschissimi di conio”.
Rispondono ai nomi di Mattia Pulicanò e di Silvio Gioia: 27 anni il primo, originario del piccolo comune di Lattarico, nell’entroterra cosentino, 29 il secondo, cosentino “doc”.
Pulicanò si presenta come organico alla potentissima cosca di ‘ndrangheta cosentina dei “Lanzino-Ruà” con il grado di “picciotto”, e chiarisce che il suo ruolo preminente all’interno del sodalizio criminale era quello del traffico di sostanze stupefacenti.
Gioia si presenta invece come spacciatore di droga per conto degli Abbruzzese, la nota famiglia ‘ndranghetista degli “Zingari” nelle sue collegate “articolazioni”: quella di Cosenza e quella di Cassano Jonio.
Da qualche tempo entrambi collaborano con la giustizia e sono stati “spediti” in due distinte località protette restando a disposizione dei magistrati della Dda catanzarese.
Pulicanò e Gioia s’erano segnalati più volte ai disonori della cronaca per spaccio di droga, il secondo anche per una rapina non riuscita ad un supermercato di Rende.
Gioia è addirittura una ex guardia giurata “spogliatasi” della divisa per passare dall’altra parte diventando un rapinatore oltre che un trafficante di droga.
A spingerlo al pentitismo un debito di sessantamila euro con gli esponenti della stessa temuta cosca per la quale “trafficava”.
Pulicanò e Gioia non sono due boss tantomeno dei sicari: non hanno mai ucciso nessuno né diretto clan.
Sono però “ragazzi svegli” che hanno sempre tenuto gli occhi aperti e sanno quindi molte cose.
Due “buone fonti” che, adesso, si stanno giocando tutto quello che hanno sentito e saputo con gli “sbirri”.
A seguito dei loro ultimi arresti hanno deciso di vuotare il sacco suscitando l’immediato interesse da parte degl’inquirenti.
E, a quanto pare, le loro “cantate” stanno offrendo riscontri a diverse attività investigative.
Tra queste, una soltanto è già conclusa.
E’ quella relativa al processo “Drugstore”, il cui dibattimento con rito abbreviato nei confronti d’una ventina d’imputati comincerà ad ottobre.
Proprio nell’ambito di questo processo, nei giorni scorsi, è stata depositata un’informativa di riscontro investigativo redatta lo scorso primo luglio dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Cosenza.
Tra gli allegati figurano i verbali delle dichiarazioni rese lo scorso 30 maggio da Pulicanò e Gioia, contenenti, tra l’altro, le accuse nei confronti di Filippo Solimando quale “capo dei coriglianesi”, vale a dire capo della ‘ndrina di Corigliano Calabro notoriamente sottoposta al locale ‘ndranghetista degli “Zingari” di Cassano Jonio.
Informativa ed allegati depositati agli atti d’un processo la cui fase dibattimentale sta per cominciare, e dunque da considerarsi pubblici. 

Il profilo / Precedenti giudiziari ma fedina pulita. Ha cognati nella mala        

Filippo Solimando è volto noto negli ambienti investigativi di Corigliano Calabro ma finora incensurato.
A suo carico solo precedenti di polizia giudiziaria.
Il suo nome, nelle pagine della cronaca giudiziaria locale degli ultimi anni, è sempre passato in subordine rispetto ad altri.
Classe 1969, originario di Policoro nel Materano, vive a Corigliano Calabro da svariati anni. E’ cognato di due “uomini di rispetto” della ‘ndrina coriglianese: Leonardo Linardi, il quale sta scontando una condanna a trent’anni per associazione mafiosa e per l’omicidio del boss emergente Giovanni Viteritti alias “Giuvann ‘u pazzu” ammazzato nel 1997, ed Antonio Leonardo Zangaro alias “Totonniell dei polli”, in carcere dal 2010 e condannato per associazione mafiosa nel maxiprocesso “Santa Tecla” a sei anni di reclusione.
Filippo Solimando risiede nella periferica contrada coriglianese di “Ministalla”, praticamente “all’incrocio” col territorio di Cassano Jonio dal quale il locale ‘ndranghetista degli “Zingari” domina sull’intero vasto comprensorio della Sibaritide.
Se sia effettivamente lui il nuovo capo ‘ndrina di Corigliano Calabro dovranno dircelo gli organi inquirenti della magistratura antimafia, ma soprattutto – ed eventualmente – quelli giudicanti.
Finora il velo squarciato da alcuni collaboratori di giustizia riscontrati nei processi ha rivelato che, agli inizi degli anni Duemila, il capo assoluto del locale degli “Zingari” cassanesi, quel Francesco Abbruzzese alias “Dentuzzo”, scelse come capo ‘ndrina di Corigliano Calabro il presunto boss Maurizio Barilari, il quale è entrato in carcere nel 2009 e da allora è detenuto al 41-bis.
Recentemente Barilari ha riportato due condanne, entrambi in appello: la prima a vent’anni, l’altra a ventotto.
L’hanno sostituito proprio con Filippo Solimando?