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Harvey Cox statunitense e noto rappresentante delle teologie della secolarizzazione in un libro divenuto famoso – La festa dei folli, Bompiani 1971 – sostiene che quando la festività scompare dalla cultura qualcosa di tipicamente umano viene ad essere compromesso.
In sintesi l’uomo senza festa perderebbe un tratto della sua singolarità. Nostro compito quindi è salvarla per renderla misura rigorosa della nostra fede in Dio, facendo entrare la verità della Pasqua in ogni situazione. Solo così diviene manifestazione di un linguaggio dello Spirito, anzi paradossalmente di un silenzio interiore che è capace di ascolto e di accoglienza.
La festa declinata in queste categorie, secondo l’antropologia culturale, assolve all’importante funzione di permettere la ri-costruzione della comunità nei momenti di aggregazione. Ernesto de Martino riteneva il rituale della festa una procedura attraverso la quale si salva l’identità e la personalità dal rischio di disintegrazione.
Lattughelle ridente lembo di terra calabra domenica 29 settembre u.s. dopo 35 anni – grazie alla comunità parrocchiale, all’Amministrazione comunale e a tutti coloro che hanno dato il loro fattivo contributo – è ritornata ad onorare il suo Patrono San Raffaele Arcangelo facendo festa. La comunità attendeva con desiderio questo momento, infatti, manifestando una sete di Dio che solo i semplici e gli umili possono conoscere si è ritrovata compatta, per vivere nel sollievo emozionale della giocondità feconda della fede, l’antidoto alle tante frustrazioni accumulate ed all’esperienza perdurante del patire. Ma in questo clima di grande gioia non sono mancati gli avventurieri del regno di Satana che con calunnie becere – scaturigine di una interiorità in contrasto con Dio e con gli uomini –, hanno cercato di buttare fango per appannare anzi distorcere l’entusiasmo di un popolo che si industriava di gustare la festa, non come fenomeno umano tendente all’approvazione individuale o ad esclusivismi arbitrari od egoistici, ma come estasi e stupore per entrare in comunione colloquiante col suo Signore Gesù il Cristo, Salvatore e Redentore di ogni umanità. E nella verità di Cristo che ho il dovere di annunciare posso attestare che Lattughelle ha saputo in questa circostanza fausta mostrarsi popolo autenticamente festivo e non sicuramente festaiolo. Il passaggio di san Raffaele per le vie della contrada ci ha rivelato una forza nuova di richiamo, di convocazione e di conversione che solo i Santi sanno suscitare. Appoggiarsi al Patrono nell’esperienza credente non è una devozione tra le altre ma è cogliere le vie di Dio. Tutto questo se ulteriormente recuperato ed autenticato nella forza propulsiva e rigenerante della Pasqua può essere assunto come via per la nuova evangelizzazione. Questa singolare esperienza di festa mi convince ancor più che il nostro compito è incontrare l’uomo, condividerlo, amarlo, servirlo. E le lacrime dell’animo che ho visto impresso sui volti della gente che rivelano la meravigliosa creatività del nostro popolo mi chiedono di rafforzare la fedeltà al principio della verità. Ritengo sia questa la gestazione della Chiesa nella profezia del suo Signore. La Risurrezione, infatti, è sempre l’aprirsi a Dio e agli uomini nella forza di Cristo, ma nel crollo dei propri idoli. Pertanto in comunione col popolo che il Vescovo – mons. Savino col suo alto Magistero arricchito da profonda cultura non si stanca mai di ripeterci che il Vangelo non è destinato a convertire soltanto il cuore dell’uomo, ma anche s incidere sul tessuto sociale, ritessendo la società civile, abbattendo le “strutture di peccato” – mi ha chiamato a servire, sono convinto più che mai che il recupero della festa patronale a Lattughelle ha acceso una luce profetica per una nuova stagione costituente della speranza! Allora con veemenza rimando al mittente ogni illazione ed ogni becera calunnia. E a qualche piccolo Solone di turno che con atteggiamento doppiogiochista ha tentato di seminare ombre anche sulla presenza del cantante neomelodico turbando anche la pace del Vescovo, dico che il malaffare noi lo avversiamo per un fatto viscerale. I fenomeni di devianza non si combattono da remoto coi proclami, fatti talvolta da frasi ad effetto o con manifestazioni da palcoscenico ma evangelizzando il sociale – in Calabria i modelli non mancano: vedi mons. Agostino mentre le cosche imperversavano nel crotonese Lui puntellava con la sua presenza coraggiosa il nascente movimento di resistenza al crimine organizzato o mons. Ciliberti (1989-1992) durante la stagione dei sequestri organizzava la rinascita di una speranza possibile con l’esperienza esaltante della primavera di Locri – stando dentro il mondo e nel cuore dei problemi, invitando a battere le vie della Pasqua annunciando il Vangelo della conversione e facendo sentire la propria voce di allarme e di denuncia verso ogni atteggiamento proclive alla violenza. Non è secondo lo Spirito di Cristo l’atteggiamento che grida contro tutti e tutto e che spesso colorandosi di moralismo non si sforza né di capire né di servire, ma come diceva mons. Agostino solo di cercare la posa.
L’attuazione non formalistica ma cosciente di questa meravigliosa creatività di fede che il nostro popolo ha saputo manifestare chiede a noi una sola cosa: continuare con l’entusiasmo della festa per rafforzare la nostra fedeltà a Cristo e agli uomini e, tutto questo sia per noi una conquista per il presente ma soprattutto per il futuro della nostra bella famiglia parrocchiale.
Duc in altum Lattughelle!
Don Pietro Groccia