Longobucco si candida, ufficialmente, ad essere l’agorà del culto a Demetra, venerata come dea della terra coltivata, delle messi e della fertilità, protettrice dei campi.
Ideatrice della manifestazione “I paesi del territorio del Majo”, dalla mente fervida e dall’ingegno alacre, è l’avvocato Luigina Diletto, segretaria dell’associazione longobucchese VESCA.
Il suo sodalizio ha, infatti, organizzato all’interno dei festeggiamenti in onore di San Domenico ed in collaborazione con alcuni Comuni del cosentino, la presentazione del goloso “totem” pregno di storia millenaria: il “Majo”!
Coinvolti in questa originalissima kermesse sono stati: il Comune di Bocchigliero, la Proloco di Cariati, quella di Calopezzati, la Misericordia di Scala Coeli e l’Associazione “Ricchizze” di Pietrapaola e naturalmente quello del paese ospitante, Longobucco, offerto dal presidente dell’Associazione VESCA, avvocato Pino Flotta, i quali hanno esposto i loro “Maj” riscuotendo il meritato successo.
:” É un progetto in cui ho sempre creduto –ci dice l’avvocato Diletto- sin dall’inizio! Sono ancora più sicura che bisogna partire dalle nostre tradizioni facendole conoscere oltre i nostri confini. In Calabria –continua Luigina Diletto- sono 19 i Comuni che mantengono viva questa tradizione ed il nostro scopo sarà proprio quello di presentarli tutti; le tradizioni uniscono e questa manifestazione ne è stata la prova: sei diverse realtà del nostro territorio hanno aderito a questa nostra primissima edizione, portando a Longobucco le loro singolarissime tradizioni. La prossima manifestazione vedrà la partecipazione degli altri paesi del “Majo”: la meta sarà il riconoscimento del rito del “Majo” come patrimonio materiale dell’UNESCO! “
:” Gli ultimi giorni –dice Anna Madeo, socia VESCA- sono stati quelli più faticosi! Alla fine, però, il risultato ci ha gratificati: vedere tutta quella gente interessata a conoscere la tradizione del “Majo”, mi ha fatto capire che ne è valsa davvero la pena!”
Al di là dell’attuale impronta cristiana, il “Majo” ha antichissime origini che affondano le radici nel paganesimo, correlandosi, probabilmente, con i riti agrari della primavera (”majo”, infatti significa maggio) e con la presentazione di doni a scopo propiziatorio e a ringraziamento per la generosità della Terra: insomma una sorta di offerta sacra.
L’antica Festa del Majo affonda le sue radici nel mondo contadino: si realizzavano cortei dove veniva portato in processione – tra balli e canti – un arbusto detto appunto “majo”. L’albero rappresentava lo spirito della vegetazione, un culto che già nell’antica Nuceria si svolgeva, connesso alla primavera! Il Frazer nel suo libro “Il ramo d’oro”, narra l’usanza, diffusa in Europa, di portare al villaggio un enorme albero per poi adornarlo con i frutti della terra, animali e piante, come ringraziamento alla divinità.
Le più suggestive feste del “Majo” sono in Calabria e Lucania. Su questo primevo “albero della cuccagna”, oggi, vengono posizionati i “crustoli”: biscotti tipici della tradizione calabra, mentre nel passato venivano appesi animali vivi e frutti, in modo da creare un vero e proprio albero della cuccagna.
Sono, queste manifestazioni antichissime, una ragione di esistenza, di voglia di essere.
Antonio Loiacono