La visione profetica di San Costantino.
Oggi 21 maggio la chiesa bizantina festeggia i Santi Costantino ed Elena. Shën Kostandini, da il nome ad uno dei paesi italo albanesi dell’Eparchia di Lungro: San Costantino Albanese (Shën Kostandini i Arbëreshëvet in arbëreshë) ubicato in Basilicata.
L’apoteosi celebrativa riservata al defunto cesare colpì anche San Costantino. Il grande santo, canonizzato insieme alla madre Elena, fu sepolto nella chiesa dei Santi Apostoli nella Nuova Roma, in un sarcofago centrale, che doveva essere affiancato, come il disco solare, dalle tombe degli Apostoli, disposte a raggiera (si sperava allora che, attraverso un’operazione di miracolosa pia archeologia, le spoglie dei discepoli di Cristo potessero essere tutte rintracciate e raccolte tutte intorno). Questo cerimoniale doveva essere combinato con quei riti che elevavano gli imperatori defunti al rango di creatura divina. Un chiaro segno di sincretismo tra monoteismo emergente e politeismo decadente! Tale è l’interpretazione che si apprende oggi dagli studiosi moderni. Dalla sua biografia sappiamo che Costantino fu battezzato in extremis. Senza sollevare il velo sui contrasti della sua vita, non fu esattamente impeccabile (visti i soliti crimini dinastici), la sua vicenda va letta con occhi riconoscenti. C’è un consenso accademico sulla sua conversione “opportunistica” e “superficiale”. Ed è proprio questo cliché minimizzante – in contrasto con la tradizione “agiografica” stabilita da Eusebio di Cesarea – che bisogna contestare. Costantino non si convertì per un mero calcolo politico (poiché i cristiani allora rappresentavano solo il 10% della popolazione di circa 70 milioni dell’Impero Romano), ma per un “capriccio imperiale” in cui vediamo sicuramente la mano della Provvidenza. Avviene in lui una segreta, lenta trasformazione. Se di capriccio si parla fu un capriccio lungimirante e solo apparentemente megalomane: vedeva lui nel cristianesimo non solo l’avanguardia della storia, ma anche il suo quadro di sviluppo grandioso, unificante, soteriologico, vettoriale.
Affermatosi come una sorta di “presidente” della nuova comunità ecclesiale, dichiarato “vescovo per gli affari esteri”, ma anche “fratello” (mai “figlio”) dell’alto clero ortodosso, Costantino si è veramente convertito. Il battesimo non era allora l’inizio della fede, ma una sorta di incoronazione dell’iniziazione dei catecumeni, che durò diversi anni (e alla quale non aveva motivo di sottomettersi, come Pontifex Maximus). Mi piace molto l’interpretazione che lega il ritardare del battesimo alla speranza di morire senza peccati, non essendo già perfettamente in vigore ed esplicitato teologicamente il sacramento della Riconciliazione istituito da Cristo. Il vincitore “del Ponte Milvio” di Massenzio, incoraggiò la nuova religione (costruendo basiliche ovunque e offrendo generose donazioni), predicando davanti alla propria corte, guidando i lavori del Primo Concilio Ecumenico, istituendo il riposo domenicale, senza attaccare i culti ancestrali e senza rinunciare però di fronte a soggetti politeisti ultra-maggioritari, ad un discorso cristocentrico.
Secondo qualche storico, nonostante la propria intrinseca vitalità, senza questo leader, il cristianesimo non avrebbe avuto la forza dirompente che ebbe.
Lo Spirito ha sofffiato con forza la polvere fine del paganesimo concettuale, superando contemporaneamente le astrazioni (più o meno contaminate dallo gnosticismo) della scuola neoplatonica. In altre parole, l’impero si salvò perché il soggetto della conversione (a seguito del famoso sogno “in hoc signo vinces” ) fu sinceramente convinto della fede cristiana. Il nostro mondo è diventato cristiano da quando l’imperatore Costantino il Grande diventò – oggettivamente – l’uomo di Dio. La sua fede e la sua spada fiammeggiante impugnata dall’efigie equestre del Santo a San Costantino Albanese indicano silenziosamente il fuoco e la luce della nostra civiltà europea.
Foto da Facebook: la statua di S. Costantino della parrocchia di San Costantino Albanese dell’eparchia di Lungro.