Nella notte tra l’8 e il 9 settembre il fuoco ha divorato il campo profughi di Moria (Grecia). Ancora da accertarsi le cause. Moria è il più grande campo profughi europeo. Un vero è proprio inferno in terra, in cui attualmente sono stipati 12.700 richiedenti asilo.
La sezione che per prima ha preso fuoco è quella dei minori non accompagnati. Non è ancora noto se ci siano decessi o feriti. Il forte vento ha determinato la rapida diffusione del fuoco e la distruzione degli uffici.
A determinare l’esasperazione della situazione, probabilmente, la diffusione nel campo della notizia della trasformazione dello stesso in campo chiuso, una vera e propria prigione detentiva di impossibile accesso ed uscita. Intanto si erano registrati i primi casi COVID, ieri se ne contavano 35. La lunga quarantena imposta ha indotto alcuni rifugiati ed attivisti da sabato 5 settembre a rifiutare il cibo.
Ad evidenziare ciò è la Confial Migranti della Calabria a mezzo della responsabile regionale dott.ssa Maria Luigia Alimena, originaria di Cosenza ma che vive da anni a Castrovillari, la quale evidenzia: “ la situazione è delicata e non ci si può voltare dall’altra parte. Attualmente dal campo arrivano notizie circa una situazione disastrosa, incontrollata. Notizie di violenza generata dal caos generale. Sembra – aggiunge Alimena- che l’UE questa mattina si è detta pronta a finanziare il trasferimento immediato e l’accoglienza dei 400 minori non accompagnati. Questi minori hanno nella gran parte una età compresa tra i 14 e i 18 anni. Ma, all’interno del campo ci sono bambini, neonati piccoli, piccolissimi, esposti ora a maggiori pericoli aggravati dalla situazione COVID ed al verificarsi dell’incendio. Questo campo -denuncia la rappresentante Confial Migranti Calabria- è una trappola mortale che toglie dignità a chi l’ha già persa scappando da altre realtà. Un labirinto di tende che si collocano su piccole colline in uno spazio progettato per ospitare 3.000 persone, ma in cui attualmente ne vivono 12.700, alcuni dicono addirittura 14.000.
Non basta stipare gente in un campo profughi -tuona ancora Maria Luigia Alimena- se si vuol evitare tutta una serie di degenerazioni. E’ inaccettabile che nel cuore dell’Europa, nella culla dei diritti umani,nel ventre della cultura del Mediterraneo si assista quasi passivamente a tanta disperazione. Come tutti i campi in cui la disperazione la fa da padrona gira molta droga, le donne subiscono violenza, i minori non accompagnati tentano la sopravvivenza anche attraverso prostituzione minorile. E’ necessario -Conclude Alimena di Confial Migranti- un cambiamento di rotta al fine di evitare una veloce degenerazione del clima nell’isola che in questo momento rischia di divenire un focolaio incontrollato di Covid. Faccio, per questo, appello a nome della Confial Migranti Calabria a che le istituzioni italiane a vari livelli intervengano nei vari ambiti affinchè la situazione possa essere migliorata ed avviati controlli affinchè non si degeneri in un clima di razzismo e di paura. Che gli sforzi vengano fatti concretamente per aiutare queste migliaia di bambini, di donne e uomini affinchè possano ritrovare un riparo sicuro e la loro integrazione possa essere avviata in un clima di non violenza”.
Maria Luigia Alimena Coordinatrice Regionale Confial Migranti Calabria