Continua, inarrestabile, per il terzo giorno consecutivo, la mattanza del fuoco nel territorio albidonese ormai compromesso da una serie infinita di incendi degli anni precedenti. Dopo aver aggredito il versante Sud del torrente Avena e aver ridotto in cenere la zona sottostante la Badìa della Madonan del Càfaro, il fuoco si è spostato sul versante opposto del torrente Avena e precisamente nella contrada rurale che porta il nome di “Giardini Cicerone”.
Una contrada un tempo ricca di verde e, vista la sua poca altitudine, anche di uliveti, di vigne e finanche di giardini di arance. Oggi quella vasta superficie, che per anni è stata un’amena contrada rurale, è in condizione di sostanziale abbandono, coperta di boschi di pini mai manutentati, di vegetazione spontanea del tutto incolta e di sterpaglie secche, è divenuta facile preda del fuoco che così vi trova terreno fertile e si auto-alimenta facilmente seminando paura e devastazione. E lo sanno bene i soliti incoscienti piromani a cui basta un fiammifero, o la fiamma di un accendino, per far scoppiare l’inferno. Il resto lo fanno le alte temperature e la natura resinosa dei pini e della macchia mediterranea, per cui anche questa volta, prima che sul posto arrivassero i mezzi aerei, il fuoco, nonostante il prodigarsi dei Vigili del Fuoco di Trebisacce e delle squadre AIB, tutte coordinate dal DOS di Calabria Verde in collaborazione con il Comando-Stazione del CFS di Trebisacce, complici i soliti ritardi dei mezzi aerei, ha devastato un’altra vasta porzione del patrimonio forestale e agricolo di Albidona. Cause accidentali, o la solita e nefasta mano dei piromani? Che si tratti di incendi dolosi, frutto quindi di menti diaboliche che conoscono e si sanno muovere bene sul territorio e che non si tratti quindi di auto-combustione, ne sono convinti un pò tutti. Del resto – ci si chiede – come mai per tutta l’estate il fuoco è stato in ferie ed è tornato all’improvviso a essere protagonista solo in questi ultimi giorni di agosto? In assenza, comunque, di prove certe, e nella speranza che prima o poi si faccia luce sul triste fenomeno degli incendi, si fanno varie ipotesi, finendo così per alimentare solo il chiacchiericcio paesano che non porta alcun beneficio concreto. C’è infatti chi se la prende con l’ignoranza di qualche pastore della zona che appiccherebbe il fuoco per veder nascere e crescere sulle stesse aree rigogliosa erba per i propri armenti; c’è chi se la prende con i presunti “dispetti” che possono insorgere all’interno delle numerose squadre di cacciatori di cinghiali. C’è anche chi, a mezza voce e per sentito dire, parla di un fuoristrada bianco che si aggirerebbe in quelle zone con fare sospetto. Voci incontrollate e ipotesi fantasiose che comunque si trascinano ormai da tempo senza riscontri oggettivi, tranne quelli di un’immagine desolante di montagne e colline un tempo verdi e lussureggianti, oggi trasformate in un quadro spettrale e deprimente.
Pino La Rocca