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Coltivazione droga in serra, la Cassazione annulla sentenza di condanna

Posted on Maggio 26, 2019 By Redazione
coltivazione droga serra
Avv. Francesco Nicoletti

La Suprema Corte di Cassazione, in totale accoglimento del ricorso avanzato dell’Avvocato Francesco Nicoletti, ha annullato la sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro nei confronti del trentenne rossanese A.M., pluripregiudicato già sottoposto a sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza. La sentenza di appello confermava la pronuncia di primo grado del GUP del Tribunale di Castrovillari, che condannava alla pena della reclusione in carcere il 30enne per il reato di illecita coltivazione, all’interno di una serra dotata di sistema di areazione e di illuminazione artificiale, di piante di canapa indiana, con la contestazione della recidiva infraquinquennale.

I FATTI Nell’ambito di un servizio di controllo, agenti di P.G. appartenenti al Commissariato di Pubblica Sicurezza di Corigliano Rossano si erano appostati nei pressi di una abitazione apparentemente abbandonata, sita nell’area urbana di Rossano, quando avevano visto sopraggiungere e fare ingresso nell’immobile il 30enne A.M., soggetto noto per i numerosi precedenti penali nonché cautelato e sorvegliato speciale al momento dei fatti. Entrati nell’abitazione, all’esito di una accurata perquisizione, gli agenti avevano rinvenuto un locale uso magazzino in cui era allocata una serra composta da telaio che sorreggeva pareti in plastica morbida. All’interno della serra erano stati rinvenuti grossi vasi contenenti piante di canapa indiana dell’altezza di un metro nonché una serie di altri oggetti utili alla creazione del microclima favorevole alla coltivazione: un sacco di terriccio, fertilizzante, una lampada HPS, una ventola. In seguito ad analisi cliniche, le piante poste sotto sequestro erano risultate corrispondere a numerose dosi di tetraidrocannabinoide con un elevato principio attivo.

L’ITER PROCESSUALE In sede di interrogatorio reso nel corso dell’udienza di convalida, il trentenne A.M. aveva ammesso la paternità delle condotte di detenzione e coltivazione. Il giudizio di primo grado si era concluso con una sentenza di condanna, successivamente confermata anche in secondo grado dalla Corte di Appello di Catanzaro. La Suprema Corte di Cassazione, all’esito delle discussioni del Procuratore Generale e della difesa dell’imputato, accogliendo le richieste avanzate dall’Avv. Francesco Nicoletti, ha annullato la sentenza per la condanna di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90 con rinvio per nuovo giudizio dinanzi ad una diversa sezione della Corte di Appello di Catanzaro.

(comunicato stampa)

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