Di recente, fotografie amatoriali comparse sui profili facebook e associativi di alcuni abitanti di Saracena (CS) hanno generato un’inattesa attenzione mediatica, prima su scala regionale e poi addirittura nazionale, per la copia dell’Ultima Cena leonardesca dipinta in scala 1:1 nel refettorio dell’ex Convento dei Cappuccini. Solo il competente ufficio periferico del MiBAC resta sordo, ad oggi, a qualsiasi sollecitazione, benché l’opera lo chiami necessariamente in causa sul piano della tutela, prodromico a qualsiasi forma di futura valorizzazione.
Ieri sono finalmente riuscita a raggiungere il paese e vedere di persona sia il fatiscente complesso edilizio (tuttora di proprietà del Terzo Ordine francescano), sorto all’inizio del Seicento, su un breve terrazzo con vista mozzafiato sullo Ionio rossanese e abbandonato definitivamente un secolo fa, sia l’opera pittorica che ha suscitato tanto clamore. Erano con me il Sindaco e un gruppetto di rappresentanti delle associazioni locali, con i quali ho anche visitato parte del centro storico, la pinacoteca civica di Palazzo Mastracchi e la vicina Chiesa di S. Maria del Gamio.
Ai presenti, in rappresentanza dell’intera comunità, ho espresso l’intenzione di spendere le migliori energie e attivare tutte le possibili relazioni virtuose per fare riconoscere all’Ultima Cena calabrese, com’è stata ribattezzata, il valore che la comunità di Saracena vorrà accordarle e trasmettere all’esterno. A prescindere dalla cronologia e dall’identità dell’autore, oggi discusse, ciò che più conta è infatti la valenza identitaria del manufatto artistico e del contesto in cui è inserito. Ho sollecitato, pertanto, l’impegno fattivo di tutti i cittadini, ciascuno in ragione del tempo a sua disposizione e delle specifiche capacità/competenze.
Con l’aiuto di esperti di diagnostica, storici dell’arte, archivisti, storici della Chiesa, la comunità locale dovrà farsi protagonista della riscoperta della propria memoria: cercare di ricostruire la vicenda edilizia, la vita spirituale ma anche economica del Convento dei Cappuccini di Saracena, nonché il suo ruolo in materia di arte conventuale, dal momento che le pitture superstiti sono tre (oltre all’Ultima Cena, restano una Immacolata e un San Francesco ai piedi del Crocefisso), senza però trascurare la storia dell’intero abitato, con lo sguardo attento a quanto di comparabile è avvenuto in Calabria e nel Paese.
Saracena, borgo pittoresco alle falde del Pollino già noto perché vi si produce, con un procedimento peculiare, un celebre moscato, ha oggi un’altra straordinaria opportunità per ri-conoscere se stessa e condividere con il resto della Calabria l’orgoglio di una storia millenaria che incrocia quella dell’intero Mediterraneo.
Margherita Corrado (M5S Senato – Commissione cultura)