CRISI recessiva, austerity, smantellamento del Welfare hanno favorito – tra la metà degli Anni Novanta e i giorni nostri – l’adozione di provvedimenti che il più delle volte hanno provocato l’aumento spropositato del processo di flessibilizzazione nel mercato del lavoro sia nel settore pubblico che in quello privato. Una situazione che influenzato intere generazioni calpestandone la dignità laddove il disagio economico ed il malessere psicologico sono risultati fattori determinanti nello scadimento delle condizioni personali e professionali dei soggetti coinvolti.
Un fenomeno lavorativo e sociale che ha inciso sulla qualità della vita, principalmente sui programmi e sulle attese delle famiglie costrette, purtroppo, a destreggiarsi tra “attività in nero legalizzate” – tirocini, contratti a progetto o a tempo determinato. Una condizione insostenibile, inaccettabile, che per le prospettive poste in essere ha generato frustrazione, insicurezza e disistima. Tra i casi più emblematici (ed eclatanti) c’e’ quello degli ex Lsu/Lpu, un vecchio bacino di lavoratori che attiene alla gestione dei servizi negli enti locali la cui vertenza, soprattutto in Calabria, continua a non trovare soluzioni nonostante l’avvio del percorso di contrattualizzazione. La vicenda ha generato controversie non tanto (e non solo) per la complessità del fenomeno, ma per l’assenza di risposte esaustive in termini politici e tecnico-giuridici da parte dei Governi che si sono susseguiti nel corso degli anni. Mal gestita e strumentalizzata (anche dal punto di vista informativo) la questione è destinata a diventare materia giurisprudenziale. Quello al lavoro, infatti, è un diritto sancito costituzionalmente per cui lo Stato ha il dovere di tutelare i lavoratori quando questi hanno maturato esperienza, formazione e diritti. Non a caso, dopo un lungo periodo di impegno, battaglie e rivendicazioni gli ex Lsu-Lpu hanno ottenuto il riconoscimento alla stabilizzazione occupazionale. Un percorso che per la maggior parte dei lavoratori tarda a concretizzarsi a causa di intoppi derivanti perlopiù dalla mancanza di volontà politica. Dalla necessità di interloquire con le istituzioni e favorire una maggiore conoscenza della problematica è stato costituito il comitato Precari Storici Calabresi. Il progetto, che ha come obiettivo la stesura di proposte anche di natura normativa, è nato dall’esperienza di persone impiegate nella pubblica amministrazione con contratto a tempo determinato, incluse nell’ormai dismesso Bacino degli ex Lsu-Lpu. Ne fanno parte, in rappresentanza delle diverse aree territoriali, Giuseppina Zelesco (che ha assunto il ruolo di presidente), Giusy Pugliese, Giuseppe Perrone, Annarita Corrado, Gabriella Posteraro, Antonio Trifoli, Gaspare Stumpo, Giorgio Verteramo e Giuseppe Nuccio Gallo. Il gruppo è aperto, apolitico e si interfaccia con le forze sindacali e di governo, i partiti e le associazioni di categoria, avendo come obiettivo la conclusione della condizione di precariato per tutti i lavoratori.