CASSANO – E’ trascorso un anno dall’insediamento della nuova amministrazione ed è tempo di fare un primo bilancio. Amministrare un Ente non è cosa facile, le difficoltà e le emergenze aumentano sempre di più, ma continuare ad affrontarle con metodi soprattutto gestionali, significa vivere il tempo nell’oggi e non nel domani. Voglio porre l’accento su una riflessione che fanno tutti: qual è la difficoltà di generare valore in un territorio che offre notevoli opportunità?
Qual è il problema? Perché non riusciamo a cogliere queste opportunità? Sono domande che sembrano non trovare risposte. Io penso che tutto dipenda da una concezione della politica ancora troppo legata al consenso personale, all’appartenenza e alla concentrazione del potere e, quindi, all’esaltazione dell’io rispetto al noi. La pretesa della politica di concentrare il potere come unica leva per il cambiamento è ormai un residuo del passato, ma da noi è un concetto difficile da sfatare. Si continua a obbedire alle vecchie logiche di controllo sugli altri, di fare le cose solo se si possono prevedere e controllare gli effetti e gli eventi. Il politico che agisce in questo modo si chiude in un recinto virtuale dove accetta solo chi non lo mette mai in discussione, esalta le sue scelte, gli atteggiamenti e le sue ide, in cambio queste persone sono le sole prese in considerazione. I suggerimenti e le proposte degli altri sono considerati, fastidiosi, irritanti, noiosi, contro il progresso e addirittura inutili. Questo potere concentrato purtroppo produce due effetti. Primo, brucia il futuro, ne riduce progressivamente le possibilità, accorcia il tempo, è strutturalmente di rapina, perché sottrae egoisticamente alle generazioni future. Secondo, intossica i legami di comunità e dietro il mito dell’individuo che può risolvere tutti i problemi, si celano due aspetti: la realtà di un mondo discriminato e uno stato di conflitto perenne. La crisi della democrazia deriva principalmente dalla convinzione che la concentrazione del potere, attraverso la delega e la rappresentanza, sia sufficiente a esaurire la relazione con la società. La politica attuale riconosce la concertazione e non la partecipazione. Si riuniscono i sindacati e così si ritiene di aver racchiuso il mondo del lavoro. S’incontrano la Confindustria e le altre sigle datoriali e si pensa di dialogare con l’intero sistema delle imprese. Si fa una consulta delle associazioni giovanili e s’immagina di aver agganciato la variegata galassia dei giovani. Si riunisce il Consiglio Comunale e si pensa di rappresentare tutti i cittadini. Il fatto è che la rappresentanza è andata deperendo progressivamente nella società. La sua capacità di includere i propri mondi di riferimento si è ristretta. Gran parte dei lavoratori oggi non è sindacalizzata, specie nel lavoro autonomo. La maggior parte degli artigiani e piccole imprese è fuori da qualunque sigla. E solo una porzione infinitesima dei giovani entra nelle associazioni. Oggi la politica non ha di fronte solo sigle ma anche singoli cittadini. Non classi e bisogni ma attese e domande. Non una rappresentanza ma risposte concrete. La concertazione non basta. Può integrare ma non esaudire il dialogo tra politica e società. Ha bisogno di un complemento per muoversi nella complessità delle dinamiche sociali. In un paese, come l’Italia, intossicato dalla corruzione, dalla mancanza di vero confronto e di partecipazione attiva, tutto questo produce sempre di più l’esclusione dei cittadini nelle scelte. Le poche occasioni che si presentano non premiano le competenze ma le appartenenze di partito e, quindi, non diventano opportunità per tutti. E’ ovvio che nella società, ma soprattutto nei giovani sedimenti una legittima sfiducia. In situazione di questo genere la gente segue con sguardo pigro la crisi e stringe i denti in attesa che passi, aspetta che il politico risolve i problemi. Il pessimismo si fa strada ed è alimentato con generose doti di nostalgia del passato. Dovemmo chiederci come mai, nell’ultimo anno, parecchi giovani hanno lasciato Cassano. Forse non hanno trovato risposta alle loro attese? Sono stati esclusi completamente da ogni occasione che si è presentata? Non sono più disposti a offrirsi al fatalismo che bisogna affidarsi al politico di turno per essere valorizzati? Oppure che cosa succede? La cosa più importante da chiedersi che cosa bisogna fare? L’idea è di una politica generativa di cui Guglielmo Minervini e altri uomini illuminati della Puglia sono stati gli ispiratori e che grazie alle loro idee e all’impegno la situazione è cambiata. La politica generativa si fonda sul riconoscimento del valore delle persone e punta al risveglio delle coscienze, alla partecipazione e alla responsabilità di tutti. Il politico, però, deve rischiare e affacciarsi nel mondo delle sfide e stimolare le risorse umane. E’ indispensabile valorizzare e liberare le intelligenze sul territorio, in un confronto continuo capace di esplorare nuovi orizzonti e anticipare o trasformare le emergenze in occasioni di sviluppo. Bisogna condividere il potere e mettere in circolo aspetti pregiati come la fiducia, la responsabilità, le conoscenze, le competenze, il tempo, la passione di ciascuno. Per fare ciò è importante che la pensi diversamente non si veda come nemico o avversario, ma come risorsa. Solo così si può sperare in un futuro diverso.
Cassano allo Ionio lì 01.07.2017
Il Consigliere Comunale Franco Tufaro