Quello che sta accadendo in questi concitati giorni sul fronte delle trivellazioni non può lasciarci indifferenti. Il governo centrale si ostina a non voler prendere in considerazione il fatto che le sue politiche energetiche e ambientali sono assolutamente sgradite al Paese intero, fatta eccezione per qualche nugolo di affaristi pronti a fregarsi le mani.

Del resto, se addirittura dieci consigli regionali, spinti da comitati ambientalisti e associazioni cittadine, hanno sentito il dovere di presentare ben sei quesiti referendari per abrogare le recenti norme che facilitano l’iter autorizzativo delle trivellazioni, ci sarà un motivo. E un governo degno di questo nome dovrebbe attendere con rispetto l’esito della consultazione popolare, e in caso di vittoria del sì, prendere atto che il popolo non vuole le trivelle, ma pretende invece investimenti su energie pulite e rinnovabili.
Quello che il nostro governo sta tentando di fare con gli ultimi emendamenti proposti in questi giorni, al contrario, è l’imposizione alle Regioni di un compromesso al ribasso, con il subdolo obiettivo di depotenziare la portata dei referendum stessi.
Di fatto, Renzi propone alle Regioni di recepire alcuni punti dei quesiti referendari: sparirebbe la definizione delle trivellazioni come di attività “di pubblica utilità, urgenti e indifferibili”, e le Regioni tornerebbero ad avere maggiore voce in capitolo nei processi autorizzativi. Nel contempo, però, tutte le istanze attualmente in corso di approvazione resterebbero in piedi, anche quelle che ricadono nelle dodici miglia marine dalla costa, e durerebbero “fino alla naturale durata di vita utile del giacimento”, cioè potenzialmente in eterno.
Inoltre, cosa ancora più grave, verrebbe abolito il cosiddetto “piano delle aree”, strumento fondamentale attraverso cui Stato e Regioni potrebbero individuare zone protette nelle quali inibire ogni attività estrattiva, cosa che ci auspichiamo venga fatta al più presto con riguardo all’intero Golfo di Taranto.
In sostanza, l’esecutivo ha paura e tenta di “rabbonirci” con modifiche normative che in alcuni casi sono addirittura peggiorative. Il nostro invito ai consigli regionali è a respingere con forza questo goffo tentativo del governo di sottrarsi alla consultazione popolare, affermando l’importanza dei referendum, attraverso cui il popolo tornerà sovrano e avrà l’occasione di respingere queste politiche energetiche da diciannovesimo secolo, così come a suo tempo fece col nucleare.
Coordinamento No Triv Magna Grecia