Discariche: se una sentenza del Consiglio di Stato non “può”…
Nel dicembre del 2013 la Regione Calabria emanava un bando per l’esportazione di rifiuti all’estero, che prevedeva una spesa di 190 milioni di euro in due anni per imbarcare dal porto di Corigliano Calabro 1200 tonnellate di rifiuti al giorno. Il capitolato speciale d’appalto prevedeva che tutti i rifiuti della provincia di Cosenza – vale a dire 750 tonnellate al giorno – avrebbero potuto transitare dall’impianto di discarica di Bucita, a Rossano, dove si conferiscono già i rifiuti di circa 40 comuni e dove sono situate già due discariche, una delle quali sotto sequestro per disastro ambientale.
«Ciò avrebbe significato piegare l’intero territorio al “business” dei rifiuti, con strade, contrade e porto monopolizzate dalla monnezza», secondo il leader movimentista locale Flavio Stasi il quale aveva denunciato sulla stampa quanto stava accadendo nel più totale silenzio delle istituzioni.
Per fermare quel “disegno”, il “Comitato in difesa di Bucita e del territorio” aveva dato vita a un presidio spontaneo e pacifico sulla strada che porta alle discariche (foto) cui parteciparono decine e decine di persone. Un presidio durato ininterrottamente 33 giorni e 33 notti.
Frattanto venivano organizzate due manifestazioni, a Rossano e a Corigliano, cui parteciparono tutti i sindaci del territorio, le scuole, le parrocchie, le associazioni di categoria, ogni sensibilità sociale. Il bando regionale venia quindi ritirato.
A distanza di più d’un anno, tre attivisti del “Comitato in difesa di Bucita e del territorio”, Giuseppe Campana, Bebè Cherubini e lo stesso Flavio Stasi, quali promotori del presidio, si sono visti notificare un avviso di conclusione delle indagini preliminari per una presunta interruzione di pubblico servizio.
«Pur volendo, sarebbe stato comunque impossibile interrompere qualsiasi pubblico servizio dal momento che in quei giorni le strade dell’intera Calabria erano colme di rifiuti a causa del blocco della discarica catanzarese di Pianopoli – sostengono oggi dal “Comitato in difesa di Bucita e del territorio” – e il paradosso è che ci sono organi giudiziari che agiscono contro chi difende civilmente e alla luce del sole il proprio territorio mentre non muovono un dito contro l’attentato costante alla salute ed all’economia di tutti i calabresi, rappresentato dal ciclo dei rifiuti in Calabria».
Un passo indietro. Ad agosto del 2012 la Regione Calabria interrompeva l’iter autorizzativi della discarica di Scala Coeli (foto) perchè ubicata in una zona agricola di pregio con la presenza di colture di qualità. Secondo i movimentisti della “Rete per la difesa del territorio – Franco Nisticò” «questa è una verità insindacabile, confermata da una delle massime autorità giuridiche della Repubblica italiana, il Consiglio di Stato, nell’aprile del 2014: tutti i provvedimenti emanati dall’agosto del 2012 ad oggi, vale a dire tutte le sanatorie spudorate nei confronti dell’ennesima fossa privata, vanno nella direzione esattamente opposta, non rispettando la normativa vigente oltre a non rispettare la volontà della popolazione dell’intero territorio e delle sue rappresentanze istituzionali locali. Per questo – spiegano dal movimento – stiamo provvedendo a riportare tutta la vicenda alle massime autorità giudiziarie dello Stato col fine di fare chiarezza sulle motivazioni che hanno indotto a tali scellerate decisioni, maturate in oscuri contesti».