E’ stato come un altro funerale, stavolta senza una bara da seguire in corteo ma con un terribile indelebile ricordo nella mente e una poesia nel cuore da parte d’ognuno dei partecipanti. Così, ieri, la comunità cittadina di Corigliano Calabro, a due anni dalla sua terribile morte, ha celebrato Fabiana Luzzi, la sedicenne accoltellata e bruciata che era ancora viva, il 24 maggio del 2013.
Nel giorno del secondo anniversario del fatto di sangue che ha sconvolto l’Italia intera, a Corigliano si sono visti tanti fiori, un albero e tante scarpe rosse, queste ultime simbolo della lotta ormai mondiale contro la violenza sulle donne, indossate dalle compagne di scuola, dalle amiche di Fabiana, e dalle volontarie del locale centro antiviolenza di genere a lei dedicato.
Familiari, amici ed alcune centinaia di cittadini hanno ricordato l’adolescente scomparsa, partendo proprio da quella stradina interpoderale isolata, ma vicinissima al centro urbano coriglianese, dove fu brutalmente assassinata dall’ex fidanzato, anch’egli all’epoca minorenne.
Per Fabiana tantissime rose bianche e tanti mazzi di fiori colorati. I genitori, Mario Luzzi e Rosa Ferraro, e le sorelle, non ce l’hanno però fatta a tornare in quel luogo divenuto per loro simbolo di tragedia e d’orrore, ed hanno preferito attendere il corteo che da lì s’è snodato al suo arrivo nel parco comunale cittadino che un anno fa proprio a Fabiana è stato intitolato.
Ed è nel parco che alla presenza di numerosi cittadini di Corigliano, con in testa il loro vicesindaco, Francesco Paolo Oranges, è stato piantato un albero di mimosa di fianco alla stele posta una anno fa proprio nel corso della cerimonia d’intitolazione del parco a Fabiana.
«Ci sentiamo mutilati come genitori per la sua perdita – ha detto il papà – e da quel giorno non riusciamo ad avere pace. Per far sì che non accadano più delitti efferati come quello di nostra figlia, gli assassini devono essere condannati e non recuperati».
L’autore del delitto, Davide Morrone, all’epoca diciassettenne, era stato condannato in primo grado a 22 anni di reclusione, ma in seguito, la sezione minorenni della Corte d’appello di Catanzaro, aveva riconosciuto la seminfermità mentale del ragazzo escludendo al contempo l’aggravante della premeditazione e riducendo così la pena inflitta in primo grado a 18 anni.
Alla manifestazione di ieri hanno preso parte, tra altri rappresentanti istituzionali e politici locali, il consigliere regionale di Sel Giuseppe Giudiceandrea e la deputata del Pd Enza Bruno Bossio.
ph Francesco Verardi