È comparso ieri mattina in Tribunale a Castrovillari dopo l’arresto eseguito lunedì dai Carabinieri su ordine della Dda
È comparso nella mattinata di ieri davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari, Letizia Benigno, quest’ultimo delegato dal gip distrettuale antimafia di Catanzaro, Giuseppe Perri, il 30enne di Rossano Domenico Morfò di cui lo stesso gip distrettuale l’altro ieri aveva ordinato l’arresto attraverso un’ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere richiesta dal sostituto procuratore antimafia Saverio Vertuccio.
Su Domenico Morfò – difeso dagli avvocati Giovanni ed Aldo Zagarese – gravano ben tredici capi d’imputazione. Il trentenne, figlio del 58enne presunto boss Salvatore Morfò della locale ‘ndrina rossanese Acri-Morfò – recentemente condannato in primo grado nell’ambito del maxiprocesso denominato “Stop” a 21 anni e due mesi di reclusione – è accusato d’estorsione ed elusione dei provvedimenti d’amministrazione giudiziaria riguardanti le sequestrate imprese “di famiglia”. Si tratta, in particolare, del panificio “Pane del Patire”, del locale da ballo “La Balera” ubicato sul lungomare cittadino di Sant’Angelo, e delle società “Stargames” e “Dody Latte” attive nei settori del noleggio di videogiochi e della distribuzione lattiero-casearia.
Le indagini coordinate dalla Procura antimafia e condotte dai carabinieri del Reparto operativo speciale di Catanzaro e della Compagnia di Rossano, avrebbero consentito d’appurare le condotte estorsive perpetrate da Morfò “junior” nei confronti dei dipendenti delle varie società, dal 2013 in amministrazione giudiziaria perchè sequestrate proprio nell’ambito della maxioperazione antimafia “Stop”.
I lavoratori delle aziende sequestrate, secondo le tesi d’accusa, in pratica sarebbero stati costretti a versare proprio a Domenico Morfò una parte dei loro stipendi, nella misura corrispondente alla differenza tra quanto percepivano sotto la gestione della famiglia Morfò e quanto invece riconosciuto loro dagli amministratori giudiziari in virtù dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Nei confronti di Domenico Morfò è stata di fatto applicata la norma del codice antimafia atta a colpire le azioni con le quali l’indagato eluda o tenti d’eludere l’esecuzione d’un provvedimento d’amministrazione giudiziaria. Un nuovo “Stop” insomma quello imposto ai Morfò, finalizzato non soltanto a contrastare le ritenute continue interferenze della ‘ndrina rossanese nella gestione delle attività economiche sottoposte a sequestro, ma pure per tutelare i diritti di quanti sotto l’amministrazione giudiziaria vi continuano ad operare attraverso il loro quotidiano lavoro.
Assistito dagli avvocati Zagarese, nell’interrogatorio di ieri mattina Domenico Morfò ha risposto alle domande del gip al cospetto del quale ha negato gli addebiti della Procura antimafia catanzarese, che, sulla scorta delle indagini condotte nei mesi scorsi dai carabinieri, si sarebbero avvalsi delle sole dichiarazioni accusatorie degli amministratori giudiziari ai quali alcuni dipendenti delle aziende avrebbero “rivelato” le presunte condotte estorsive di Domenico Morfò