Sulla scorta delle indagini dei Carabinieri del Ros e della Compagnia locale, la Dda dispone l’arresto del “rampollo” 30enne Domenico
Le aziende “di famiglia” erano sotto sequestro e in amministrazione giudiziaria sin da quando la cosca era stata decimata, nel 2013, nell’ambito della maxioperazione anti-’ndrangheta che per antonomasia era stata battezzata “Stop” da parte dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che avevano diretto le indagini condotte dai carabinieri del Reparto operativo speciale e della Compagnia di Rossano. Ma gli Acri-Morfò – e più segnatamente il secondo segmento familiare della potente ‘ndrina rossanese – avrebbero continuato a gestire i loro floridi affari economici attraverso il figlio del “capofamiglia”, quel Salvatore Morfò condannato lo scorso 23 marzo a 21 anni e due mesi di reclusione nell’ambito del processo di primo grado relativo proprio alla maxioperazione “Stop”.
A gestire gli “affari di famiglia”, ingerendosi addirittura nell’amministrazione giudiziaria delle loro aziende sequestrate, sarebbe stato il “rampollo” 30enne Domenico Morfò. E ad imporgli lo “Stop” è toccato ancora una volta ai carabinieri del Ros, unitamente ai colleghi in forza al Nucleo operativo della locale Compagnia diretta dal capitano Angelo Proietti. I quali, in questi mesi, hanno indagato sulle attività che sarebbero state condotte dal giovane Morfò, e ieri gli hanno stretto le manette ai polsi portandolo in carcere. Tutto in esecuzione di un’apposita ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Procura distrettuale antimafia.
Salvatore Morfò è accusato d’estorsione ed elusione dei provvedimenti d’amministrazione giudiziaria, in particolare di quelli riguardanti le sequestrate imprese “Panificio Pane del Patire” e “La Balera”, il locale da ballo dei Morfò ubicato sul lungomare rossanese di Sant’Angelo.
Le indagini avrebbero consentito agl’inquirenti d’appurare le condotte estorsive perpetrate da Domenico Morfò nei confronti dei dipendenti delle due società, i quali sarebbero stati costretti a versargli parte dei loro stipendi, nella misura corrispondente alla differenza tra quanto percepito sotto la gestione della cosca e quanto invece riconosciuto loro dagli amministratori giudiziari in virtù dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
L’attività investigativa avrebbe inoltre messo in luce come Domenico Morfò continuasse ad esercitare un’ingerenza indebita nella gestione d’altre due imprese sequestrate, la “Stargames”, nel settore del noleggio di videogiochi, e la “Dody Latte”, distributrice di latte appunto. Nei suoi confronti è stata applicata la norma del codice antimafia atta a colpire le azioni con le quali l’indagato eluda o tenti d’eludere l’esecuzione d’un provvedimento d’amministrazione giudiziaria. Lo “Stop” a Domenico Morfò costituisce, perciò, un significativo intervento nell’ottica di contrastare le continue interferenze della ‘ndrangheta nella gestione delle attività economiche sottoposte a sequestro e, al contempo, a tutela dei diritti di quanti vi operano attraverso il loro lavoro quotidiano.


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