Bagno di folla anche quest’anno per il “biondo tardivo”, l’arancia tipica di Trebisacce che ha tenuto la ribalta sabato e domenica in occasione della 3^ edizione della sua festa richiamando nella cittadina jonica tantissima gente anche dai paesi vicini. Parliamo di una specie autoctona di arancia, dal profumo seducente, dall’abbondante succo e dal sapore sapido che fin dall’antichità viene coltivata negli aranceti (cosiddette vigne) di Trebisacce laddove, grazie ad un particolare micro-clima, è soggetta ad una produzione tardiva, che la porta a maturazione da aprile fino a luglio, cioè quando le altre qualità di arance non sono più sul mercato. Si tratta di un prodotto dal nobile passato che per anni e anni ha incrementato i bilanci familiari degli antichi “vignaruli” ma che oggi, a causa della parcellizzazione delle proprietà e di una inefficace politica di marketing, si è deprezzato tanto che molti proprietari lo usano solo per il consumo familiare e chi lo mette sul mercato e lo vende con il ricavato non copre neanche spese. Il lato positivo è che oggi il rinomato biondo viene consumato in loco, nelle case come frutta di stagione, nei bar per ottime spremute e soprattutto per i dolci e per le marmellate fatte in casa e quelle in cui si cimenta l’azienda Sole-Frutta di Massimo Pizzini. Per due giorni la cittadina jonica ha comunque fatto festa in onore del “il biondo”, con una serie di iniziative distribuite tra l’area urbana, il centro storico e le “vigne” dove la gente ha fatto festa tra bande musicali, gruppi folk, saltimbanchi ed artisti di strada e tra musica, colori e sapori dell’eno-gastronomia locale. Ancora una volta ha funzionato la sinergia tra il Comune, l’Assopec, le scuole (in particolare l’Ipsia), il Consirzio dei Giardini e le varie associazioni culturali e di volontariato, come “Il Pontile”, “L’Albero della Memoria”, “Campagna Amica”, Coldiretti,  Slow Food… che hanno profuso tesori di energie in onore del “biondo tardivo”. Peccato che i produttori non abbiano colto l’occasione per riempire via Lutri di arance, per commercializzarle e incentivare così il consumo locale del rinomato “biondo tardivo”.