Solimando attese inutilmente un carico di “coca” dal Paraguay e gli uomini del cartello di Delgadillo non tradirono la fiducia degli “zingari” che avevano pagato in anticipo
Gli affari planetari della droga ricostruiti dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. I quali hanno “spiato” da dietro le serrature i presunti boss e i loro ritenuti picciotti affiliati.
Quelli del potente e ricchissimo di risorse “Locale degli zingari” di Cassano Jonio e Corigliano Calabro.
Quello che – stando alle risultanze della maxi-inchiesta “Gentleman” – poteva contare sulle importantissime “entrature” internazionali costruite dal suo presunto capo e “ministro degli esteri” al contempo: il coriglianese Filippo Solimando.
Rapporti di presunti grossi affari criminali fatti con la droga, arrivando fino in Sudamerica.
In quella parte di mondo Solimando avrebbe trattato, per esempio, l’importazione di centotrenta chili di cocaina dal Paraguay al prezzo d’ottomila dollari al chilo. E lo avrebbe fatto sedendo al tavolo, ed “alla pari”, col più importante “cartello” dei narcos di quel paese: quello di Lopez Delgadillo.
A rivelarlo sono le carte dell’indagine condotta attraverso intercettazioni sulle connessioni telematiche in chat che avvenivano via telefonino per mezzo dei BlackBerry. Attività di captazione che venivano puntualmente riscontrate dagli stessi investigatori attraverso le prove fotografiche degl’incontri fissati tra i protagonisti per parlare a voce e “vis-a-vis”.
Gli “zingari” avevano predisposto una sorta di “modello organizzativo” per importare stabilmente dal Sudamerica grossi carichi di cocaina. La “polvere bianca” prodotta in Paraguay doveva essere trasportata fino in Brasile, stivata in un container nel porto di San Paolo con un carico di copertura e poi trasportato fino al porto di Gioia Tauro a bordo d’una nave.
A Gioia Tauro era previsto il ritiro della “roba” secondo la consolidata tecnica cosiddetta del “rip off”, ovvero collocando la droga in borsoni posti all’ingresso dei container per rendere immediato ed agevole il loro recupero nei porti.
Il carico di copertura doveva proseguire il suo viaggio a bordo del mercantile verso la successiva destinazione italiana, dove sarebbe stato sdoganato e, quindi, controllato dalle autorità nazionali.
A mantenere i rapporti coi narcos sudamericani sarebbero stati il coriglianese Carmine Alfonso Maiorano e Pedro Juan Petrusic, l’argentino residente a Terranova da Sibari il quale a Solimando avrebbe fatto pure da interprete personale durante i suoi viaggi “d’affari”.
Ad ottobre del 2013 gli “zingari”, per il tramite di Maiorano e Petrusic, in pagamento della fornitura dei centotrenta chili di “coca” consegnavano, a Madrid, centomila euro nelle mani dei narcos sudamericani.
Ma quel carico non salpò mai dal Sudamerica.
Perciò, ad aprile del 2014, sempre a Madrid, il denaro veniva restituito nelle mani di Filippo Solimando.
A causa del mancato rifornimento dal Sudamerica, a fine dicembre del 2013 ed a febbraio del 2014 Solimando si sarebbe rifornito di cocaina da Alfonso Brandimarte di Gioia Tauro, mentre nel marzo del 2014 Luigi Abbruzzese sarebbe stato rifornito di cocaina dall’Olanda.
Il 4 marzo del 2014, i finanzieri sequestrarono quasi quattro chili di cocaina diretta a Luigi Abbruzzese e, nella circostanza, arrestarono Salvatore Castellino, coriglianese residente nei pressi di Francoforte, in Germania.
L’arresto dei primi corrieri e la “cilecca” organizzativa degli “zingari”
Poco prima che la “coca” di “marca Paraguay” salpasse per giungere nelle mani degli “zingari” i due titolari della società sudamericana operante nell’esportazione di pesce i quali avrebbero dovuto spedirla via nave furono arrestati.
Era il 18 ottobre del 2013: le autorità argentine li accusarono d’aver detenuto centodieci chili di cocaina che erano stati rinvenuti, il 10 giugno di quell’anno, a Puerto Madryn, in Argentina appunto, occultati in confezioni di gamberi destinate in Spagna.
Sarebbe occorso perciò di riprogrammare l’esportazione.
A fine novembre del 2013, Filippo Solimando si sarebbe recato a Parigi dove avrebbe reincontrato i paraguaiani e con loro avrebbe riconcordato i dettagli della spedizione. Ma ancora una volta accadde un imprevisto perché la persona incaricata di imbarcare lo stupefacente s’era reso irreperibile.
Tra dicembre del 2013 e marzo del 2014, i sudamericani avrebbero sollecitato la consegna della coca, ma gli “zingari”, in quel caso, non sarebbero riusciti ad organizzarne il trasporto. E fu “cilecca”…