CONTRIBUTO MONTESANTO SAS
FONTE: DER SPIEGEL N°48/2014” GEPANSCHTES GOLD di HANS-JÜRGEN SCHLAMP
Traduzione di Luca SAMMARRO – Corigliano Calabro per Slow Food Sibaritide Pollino
Der Spiegel: Mercato Controllato Dalla Mafia. Etichette E Norme Utili Per I Contraffattori
L’olio d’oliva italiano diventa raro. E questa non è una buona notizia per i consumatori, perché favorisce imbrogli per quanti sfruttano i vuoti normativi. Inverno caldo, estate piovosa, grandine a settembre. Marco e Massimo VERNIANI denunciano la peggiore raccolta di tutti i tempi, la loro azienda produce 9.000 litri di olio di altissima qualità a TATTI nel sud della Toscana, con raccolta a mano e spremitura a freddo.
“Quest’anno i 200 litri di olio che abbiamo prodotto, non bastano nemmeno per la nostra numerosa famiglia.” Per la prima volta dal 1874, dice Pietro Clarici da FOLIGNO (Umbria) – “le mie cisterne sono vuote. La mia azienda con 25.000 piante d’olivo danno, in media, una produzione di 200.000 litri di olio biologico di primissima qualità (olio extravergine di oliva). Quest’anno non soltanto la quantità, ma anche la qualità lascia a desiderare.” In una lettera ai suoi clienti abituali, ha comunicato che per evitare di non lasciarli senz’olio sta cercando di reperire olio di qualità da altre regioni d’Italia. La cosa non è semplice, perché olio di qualità al momento in Italia è raro.
La colpa non è esclusivamente da addebitare alle avversità climatiche, ma anche ad un piccolo insetto, la mosca olearia (Bactrocera oleae). Essa si riproduce con temperature calde e umide, posando le sue uova nel frutto. Le larve si inseriscono all’interno della polpa che a loro volta si riproducono da 2 massimo 3 volte. Normalmente in estate calde e secche, la maggior parte di loro muoiono senza interventi esterni. Purtroppo quest’anno non è stata un’estate calda. A questa situazione si sono aggiunte le grandinate che hanno contribuito a mettere in ginocchio il comparto. La produzione è calata di oltre un terzo, nelle classiche regioni produttrici di olio di qualità, come l’Umbria e la Toscana è andata ancora peggio con un calo di porzione tra il 45 e 70%.In alcune aziende il raccolto è stato zero.
Mentre per i produttori è una situazione disastrosa, dall’altra si aprono periodi lucrativi per i falsari dell’olio e per coloro che sfruttano le maglie larghe della legge per raggiungere enormi profitti. Ciò perché il mercato del “oro verde”, come viene definito in Italia l’olio d’oliva, offre a molti lo spazio per imbrogliare i consumatori.
Come ad esempio la dicitura “olio d’oliva” riportata sulle etichette. Dovrebbe garantire un blend di olive molite allo stato naturale e olio di olive raffinato. Purtroppo è sufficiente una percentuale poco superiore all’un percento di olio d’oliva naturale, all’interno di una brodaglia, sottoposta ad un processo chimico-meccanico di raffinazione da olive fermentate, che spesso vengono raccolte da terra. La stessa cosa succede anche per gli “oli di oliva” sottoposti ai controlli di qualità. L’IGP (olio italiano di Indicazione Geografica Protetta) da regioni famose, indica esclusivamente che basta che un passaggio della filiera di trasformazione avvenga in una di queste regioni, ad esempio la pressatura. Ma da dove provengono le olive non interessa a nessuno.
Resta il fatto che i controlli sono molto difficili, perché l’Italia è la piattaforma del commercio internazionale dell’olio ed esso non viene influenzato dai piccoli produttori, ma controllato dalle grosse aziende e dalla mafia.
L’Italia con 464.000 tonnellate dopo la Spagna è il secondo produttore di olio e nello stesso tempo con 481.000 tonnellate è il più grande importatore. Con navi cisterne, arriva olio dalla Grecia, Spagna e Tunisia, che in gran parte viene italianizzato ed esportato attraverso le piattaforme logistiche, oppure conservato per essere immesso sul mercato in situazioni difficili come quella attuale.
Nei periodi di normale produzione questo metodo garantisce cospicui guadagni, in situazioni attuali tali margini salgono in modo esponenziale.
A metà ottobre il prezzo dell’olio extravergine d’oliva sul mercato internazionale era di quattro euro al kg. Attualmente il prezzo è salito tra i sette e i nove euro e si prevede un ulteriore aumento del prezzo. Questo significa che il valore delle riserve d’olio detenuto dalle grandi aziende è raddoppiato. Per loro, nuovi acquisti all’estero sono ancora convenienti, perché olio di questa qualità in Spagna e in Grecia costa un terzo che in Italia, in Tunisia ancora meno. Basta poi affiggere l’etichetta giusta sulla bottiglia ed immetterlo sul mercato.
Si può guadagnare ancora di più con questi blend – dichiara il produttore VERNIAN – perché non contengono nemmeno una goccia di olio d’oliva e sembra che c’è ne molto in giro.
La produzione italiana, incluso l’import in periodi di normale produzione, non basta a soddisfare (all’incirca un milione di tonnellate) la richiesta del mercato interno.
Com’è possibile esportarne oltre la metà? La risposta la dà la soia, la colza ed altri oli vegetali che con l’aggiunta di carotene o clorofilla e olio d’oliva da taglio raggiungono sia il colore che caratteristiche dell’olio d’oliva. La quantità di questo composto, in quest’anno di carenza di produzione, è destinato enormemente ad aumentare. Inoltre esistono pure gli oli vegetali idrogenati o parzialmente idrogenati, provenienti dal Brasile che sottoposti a processi di trasformazione chimica ad alte temperature hanno una lunga conservazione e costano pochissimo, anche se non sono innocui per la salute. L’olio italiano non extravergine può contenerne fino al 20%, ed il tutto è legale.
FONTE: DER SPIEGEL N°48/2014” GEPANSCHTES GOLD di HANS-JÜRGEN SCHLAMP
Traduzione di Luca SAMMARRO – Corigliano Calabro per Slow Food Sibaritide Pollino