Quasi interamente distrutto il capannone per la lavorazione degli agrumi dell’imprenditore Antonio La Grotta
Qualcuno ha deciso d’impedire che quest’anno quella ditta potesse lavorare. E lo ha impedito. Lo ha fatto col fuoco.
Ignoti, infatti, nel pomeriggio di domenica si sono introdotti nel piazzale d’un capannone industriale adibito alla lavorazione ed alla commercializzazione di prodotti agrumicoli di Corigliano Calabro, ubicato in mezzo agli agrumeti di contrada Pannello, lungo la strada provinciale che da Villaggio Frassa conduce alla Statale 106 jonica, e v’hanno appiccato le fiamme.
L’incendio, man mano divenuto di vaste proporzioni, ha cominciato a propagarsi in modo visibile pure da lontano intorno alle 17,30.
A quell’ora erano già sul posto gli operanti di due squadre dei Vigili del Fuoco del distaccamento di Rossano, allertati da qualcuno che passando in auto dalla Provinciale aveva visto le fiamme ed il fumo alzarsi dallo stabilimento preso di mira dalle ignote mani criminali.
Sul luogo teatro dell’incendio pure i carabinieri della Compagnia cittadina diretta dal tenente Francesco Barone.
L’opificio è di proprietà di Antonio La Grotta, titolare dell’omonima azienda agricola su cui lo stesso insiste e la cui attività lavorativa sarebbe dovuta cominciare tra circa una settimana.
Le procedure per l’assunzione degli operai stagionali la cui manodopera era necessaria per l’attività di lavorazione degli agrumi erano state infatti già avviate.
Il capannone e le sue macchine per la lavorazione degli agrumi sono andati quasi interamente distrutti, nonostante i pompieri non abbiano lesinato ogni loro sforzo al fine di salvare il salvabile.
Stavolta è qualcosa di ben più grave d’un “semplice” atto di chiara matrice intimidatoria, o “avvertimento” che dir si voglia.
E’ concorrenza sleale, anzi concorrenza mafiosa, o meglio – a queste latitudini – concorrenza ‘ndranghetista.
E che la ‘ndrangheta stia a pieno titolo in tutte le angolature economiche delle campagne agrumicole degli ultimi lustri è un fatto acclarato nell’intera Piana di Sibari, opulentissima di coltivazioni.
Difficile, infatti, alla logica, pensare che i “signori del pizzo” abbiano potuto colpire avendo preteso il versamento dell’indebito dovuto ancor prima che la ditta di Antonio La Grotta desse inizio alla sua attività stagionale.
Ma qui, negli ultimi tempi, la logica troppo spesso va a farsi benedire.
Toccherà ora ai carabinieri del locale Nucleo operativo diretti dal tenente Giuseppe D’Alessio decifrare per bene i connotati di tale atto criminal-distruttivo.
Di migliore o “facile” lettura per chi lo ha subìto, che nella stessa serata di domenica è stato sentito a sommarie informazioni testimoniali da parte dei militi dell’Arma dinanzi ai quali ha formalizzato la denuncia.