L’imprenditore 43enne s’era spento a seguito d’un avvelenamento da funghi: effettuata ieri l’autopsia
Fa registrare il paradosso l’inchiesta della Procura di Palermo sulla morte di Dino Falco, l’imprenditore 43enne di Corigliano Calabro ucciso nove giorni fa da un’intossicazione da funghi velenosissimi e spentosi in un ospedale del capoluogo siciliano dopo il trasferimento d’urgenza dal nosocomio coriglianese “Guido Compagna”.
Già, perché nel registro degl’indagati non figurano soltanto quindici medici, tra essi quattordici del “Compagna” di Corigliano Calabro e uno dell’“Ismett” di Palermo, l’ospedale dove Falco s’era spento poco prima d’essere sottoposto all’intervento di trapianto di fegato.
Alla lista dei quindici “camici bianchi” s’aggiungono infatti altri due indagati.
Si tratta – clamorosamente e paradossalmente – dei genitori dello stesso imprenditore coriglianese deceduto: il 68enne Franco Falco e sua moglie Adelina Donato, di 65, entrambi ricoverati presso l’ospedale “Compagna” per essere rimasti intossicati dagli stessi funghi velenosi ma in modo meno grave.
Figurano anche loro tra gl’indagati del sostituto procuratore Gaspare Spedale, il magistrato titolare del fascicolo d’inchiesta aperto sulla morte del loro amatissimo figlio Dino a seguito dell’esposto-denuncia che era stato presentato dalla moglie del deceduto Anna Carbone.
Già. Proprio come se non bastasse l’immane dolore per una così drammatica morte d’un figlio, v’è da registrare, pure, questo tragico meccanismo della macchina-giustizia messa “in moto” dalla denuncia della congiunta.
Un «atto dovuto» da parte del magistrato inquirente ma non è chiaro il perché sia “dovuto”.   
Come per i quindici medici anche per i coniugi Falco l’ipotesi di reato formulata dal magistrato inquirente è quella d’omicidio colposo.
Frattanto, nel pomeriggio di ieri, presso l’Istituto di Medicina legale del Policlinico di Palermo è stata effettuata l’autopsia sul corpo di Dino Falco.
L’incarico peritale era stato affidato in mattinata presso l’ufficio di Procura, da parte dello stesso Pm Spedale, al professor Paolo Procaccianti, ordinario di medicina legale dello stesso policlinico palermitano.
L’esame autoptico effettuato dal consulente tecnico d’ufficio è durato diverse ore e s’è tenuto alla presenza, pure, d’altri due medici legali, consulenti tecnici di parte incaricati dal nugolo di medici indagati.
Si tratta dei quattordici professionisti in servizio tra il Pronto soccorso e la divisione di Medicina interna del “Compagna” di Corigliano Calabro, i quali – nei loro rispettivi turni – avevano trattato il “caso Falco” prima di decidere per il suo trasferimento a Palermo.
Il quindicesimo medico è invece una dottoressa dell’“Ismett”, l’ospedale del capoluogo siculo dove la vita di Dino è finita.
Per conoscere i risultati dell’autopsia ci vorrà del tempo.
Attraverso l’attenta analisi dei risultati dell’esame tossicologico si dovrà infatti individuare con estrema precisione la tossina velenosa che ha ucciso Falco, il suo grado di presenza nel fegato e nel resto del corpo ma soprattutto si dovrà “scandagliare” a fondo sulle cause del decesso con particolare riferimento al decorso e alla gestione medica della sua intossicazione da funghi velenosi ed alla tempistica del suo trasferimento da Corigliano Calabro a Palermo.
Nella serata di ieri, infine, sembra si siano ulteriormente aggravate le condizioni di Maria, la 23enne di nazionalità rumena collaboratrice familiare dei Falco, anch’ella ricoverata a Palermo e già trapiantata di fegato. {jcomments off}