I mari della Puglia e della Calabria accomunati nello stesso destino
Mostruose trivelle nel sottosuolo del mare Jonio alla ricerca dell’oro nero e pericoloso gasdotto nelle viscere del mare Adriatico per trasferire il gas dai monti del Caucaso fino al nord Europa: due facce della stessa medaglia, due progetti scellerati che rischiano di compromettere quello sviluppo eco-sostenibile verso cui tendono le popolazioni locali, due autentiche bombe al napalm pronte a devastare quello che nell’antichità era il “mare nostrum” ed a far deflagrare la rabbia popolare! Entrambe decise unilateralmente dalle multinazionali straniere in combutta purtroppo con il governo nazionale e in spregio del parere contrario e reiteratamente espresso dalle due regioni, dalle province, dai comuni e dalle popolazioni locali. Popolazioni tranquille e laboriose, quelle del Salento e dello Jonio settentrionale ma non certamente rassegnate, perché impegnate in tutti i modi ad alzare la testa, a rimboccarsi le maniche ed a difendere l’ambiente come unica e ultima risorsa da potersi giocare per garantire la propria sopravvivenza e quella dei propri figli. Ma le multinazionali, utilizzando le copiose risorse di cui dispongono e non lesinando, forse, abbondante olio negli ingranaggi, procedono come delle autentiche macchine da guerra, mostrano i muscoli e sono capaci di asfaltare ogni tentativo di contrasto. Così sono fortemente a rischio quelle contrade che fin dall’antichità sono state la culla di civiltà millenarie e con esse vengono devastate le spiagge e le coste più belle e incontaminate di Puglia e Calabria e quello stesso “mare nostrum” che nel corso dei secoli ha affratellato i popoli delle sponde opposte agevolando i rapporti umani e gli interscambi culturali e commerciali con i greci e prima ancora con gli assiri, i fenici, i babilonesi… A tirare le fila del business, in entrambi i casi ci sono le multinazionali del petrolio e del gas che, dopo aver succhiato per anni l’oro nero nei pozzi petroliferi del Sahara, oggi si preparano a fare shopping nel nostro mare mettendo a rischio la sostenibilità ambientale e la stessa tenuta dell’eco-sistema marino. E per farlo scelgono le zone più belle e incontaminate perché più deboli e indifese e così spendono di meno per riqualificare un territorio che si presenta ancora integro e scarsamente urbanizzato. In entrambi i casi sono infatti a rischio le zone più belle del Bel Paese e più spendibili nel mercato del turismo eco-sostenibile. Insieme a tutto l’eco-sistema marino nel mare Jonio, il mare più profondo e più salato d’Italia, quello che secondo la leggenda omerica ha cullato e portato a spasso per dieci anni la navicella di Ulisse-naufrago per amore della dea Calipso, sono a rischio la pesca, la navigazione da diporto e complessivamente il turismo marino che rappresenta l’unica industria capace di dare un futuro alla gente. Accomunate nello stesso destino, vittime predestinate dei tentacoli della TAP nel mare Adriatico sarebbero le spiagge e le coste più belle del Salento, il territorio pugliese aspro e affascinante dove la macchia mediterranea adorna ancora un paesaggio scolpito dal vento e dalle onde e che proprio per questo negli ultimi anni è divenuto, non caso, la prima meta del turismo italiano e anche straniero. Il gasdotto dovrebbe infatti approdare sulle incantevoli spiagge bianche di San Foca, della Caciulara, di Torre dell’Orsa, di San Basilio, tutte nel comune di Melendugno, insignite per ben quattro volte della Bandiera Blu e delle Cinque Vele di Legambiente e distanti pochi chilometri dalla riserva naturale di interesse internazionale “Le Cesine”. Qui, oltre alle spiagge seducenti, sono a rischio 1.900 ulivi secolari e grandi distese del rinomato negroamaro, destinati ad essere sventrati da un tubo di acciaio e cemento del diametro di due metri. E’ infatti proprio lì, …dove il mare luccica e tira forte il vento, è proprio lì che hanno messo gli occhi avidi e ingordi le multinazionali del gas e del petrolio che, in nome del solito business che vuole piegare tutto alla propria logica affaristica, vogliono violare eco-sistemi naturali per fortuna ancora incontaminati ma purtroppo indifesi. Ma questa volta le istituzioni e le popolazioni locali sembrano molto decise a vendere cara la propria pelle. Ne va di mezzo, infatti, il presente ed il futuro di un popolo che è tenacemente ancorato alla propria terra ed alla propria identità ed è deciso a salire sulle barricate per difendere il proprio territorio.
Pino La Rocca