C’è una certa preoccupazione tra gli olivicoltori della piana di Sibari per l’emergenza Xylella. Il batterio gram-negativo, appartenente alla famiglia delle Xanthomonadaceae, che sta minacciando oltre 23 mila ettari di uliveti nel territorio salentino della Puglia e rischia di attaccare altre piante. Al momento, per fortuna, gli esperti del settore e lo stesso assessore regionale all’agricoltura, Michele Trematerra, in più circostanze hanno cercato di tranquillizzare i produttori sostenendo che al momento non esiste il minimo rischio che questo batterio sia presente nella nostra regione. Ma gli olivicoltori, come detto, non sono tranquilli. “Non siamo tranquilli – afferma Ettore produttore olivicolo coriglianese che incontriamo nella sua proprietà – perché il virus se non aggredito per tempo e con tutti i mezzi fitosanitari richiesti, potrebbe giungere anche nelle regioni limitrofe alla Puglia e cioè noi e la Basilicata. Da qui un appello che rivolgiamo alle nostre autorità regionali e sanitarie affinché, d’intesa con il ministero delle risorse agricole e forestali intraprendano iniziative idonee a salvaguardare i nostri uliveti”. Secondo la Cia (la confederazione italiana agricoltori) il problema, per quanto riguarda la Puglia, deve essere risolto partendo da un dato di fatto sul quale non si può transigere: gli ulivi non vanno abbattuti ma vanno salvaguardati, perché rappresentano un patrimonio dal valore inestimabile a livello paesaggistico e culturale, oltre che economico. L’abbattimento, tra l’altro, non risolverebbe la questione perché si tratta di una patologia che alberga anche nelle piante ornamentali, quindi bisogna trovare rimedi e soluzioni alternative. Il direttore di Coldiretti Calabria, Francesco Cosentini, spiega che “la xylella attacca tutte le piante di ulivo, giovani, adulte e plurisecolari causandone il deperimento e la morte. Quello che sappiamo è che il batterio si propaga attraverso alcuni funghi e insetti specifici. Abbiamo attivato una lotta mirata a debellare tali funghi, ma non c’è certezza che questo metodo funzioni. La macchia nera che colpisce invece gli agrumeti è ancora più devastante. Non c’è alcun metodo per affrontarla, bisogna solo abbattere gli agrumeti. Se in Italia vengono introdotti frutti o piante infette potrebbe espandersi rapidamente in tutto il territorio distruggendo l’intero patrimonio agrumicolo italiano. E’ indispensabile potenziare i controlli sanitari nel porto di Gioia Tauro e in tutti gli altri porti per scongiurare l’introduzione di infezioni che possono mettere a rischio la nostra agricoltura caratterizzata da prodotti d’eccellenza”.
Giacinto De Pasquale