Diffuso il dossier di Legambiente sulle trivellazioni nel Golfo di Sibari dal titolo “Per qualche tanica in più”. Una disamina che pone limiti e interrogativi. Al momento sono attive diverse richieste di ricerca di greggio sullo Jonio cosentino. Un’area marina vietata alle attività di ricerca di petrolio fino al luglio 2011, quando un emendamento al testo di recepimento della direttiva europea sui reati ambientali ha di fatto riaperto anche questo tratto di mare alle società estrattive, che ha visto nell’ultimo anno raddoppiare le richieste, che sono passate da 8 a 16, per un’area complessiva di 10.311 kmq. Il mar Jonio vede 10.311 kmq interessati da 16 richieste di ricerca, una di coltivazione e un permesso di ricerca già attivo. Oltre all’istanza di concessione è presente nella zona ionica della Calabria anche un permesso di ricerca già rilasciato, di proprietà della Apennine Energy di estensione pari a 63,13 Kmq e che vede coinvolta la porzione di mare prospiciente Sibari. L’unica istanza di concessione di coltivazione nel mar Jonio vede l’Eni come società titolare della richiesta: l’area interessata, di estensione pari a 76,7 Kmq, ricade nella porzione di mare compresa tra Sibari e Rossano. La domanda attualmente è in fase di valutazione di impatto ambientale e se questa sarà approvata, darà il via alla coltivazione del titolo in mare. Come se non bastasse nell’ultimo anno sono pervenute ulteriori richieste per la ricerca petrolifera nel mar Jonio: risultano infatti attive 16 richieste. Le ultime 8 domande sono state presentate tra l’agosto del 2013 e il febbraio di quest’anno. Intanto, permangono le altre 8 per cui è in corso la Valutazione di impatto ambientale (Via). L’unica istanza di prospezione che riguarda il mar Ionio appartiene alla Schlumberger Italiana ed ha una estensione di 4.059 Kmq e comprende tutta la porzione centrale del mar Ionio, da Gallipoli a Crotone. A cui si aggiunge l’ampliamento della concessione di Edison dove sorge la piattaforma Vega A, su cui è in corso di autorizzazione un nuovo impianto denominato Vega B; il Mar Ionio a largo della costa tra marina di Sibari e Rossano, richiesta effettuata da Eni e in corso di Via (gdp). Le attività estrattive di petrolio – afferma Legambiente – comportano un forte rischio per il mare e il suo delicato ecosistema, soprattutto se si considera che gli impianti petroliferi sono più vulnerabili nella fase di ricerca e nelle prime fasi di produzione. Intanto, diverse Amministrazioni comunali hanno deliberato la loro contrarietà all’avvio delle trivellazioni nel mar Jonio.