Dopo varie battaglie il 54enne Luigi Lombisani ha vinto la sua personale “guerra”
Lo Stato s’è arreso. La villa abusiva di Luigi Lombisani non sarà mai abbattuta. A dispetto d’una condanna a quattro mesi di reclusione per abusivismo edilizio patteggiata agl’inizi del 2000 e passata in giudicato quello stesso anno. A distanza di ben quattordici anni quella villa doveva essere solo uno sbiadito ricordo.
E invece è lì: in via della Tramontana a Schiavonea di Corigliano Calabro, il comune più popoloso della provincia di Cosenza, dove sorge un numero impressionante di costruzioni completamente abusive: oltre tremila.
In alcuni casi lussuose ville come quella della consigliera comunale in carica Maddalena Avolio, costretta a rassegnare le dimissioni dalla carica di presidente del Consiglio comunale appena qualche giorno dopo esservi stata eletta, proprio per lo scandalo che la travolse un minuto dopo per uno scoop giornalistico che “fotografava” il suo lussuosissimo abuso in zona agricola non edificabile.
Questa è storia d’appena un anno fa. E’ un’altra storia ma in fondo è la stessa storia di Luigi Lombisani. Lui non è in politica e non è un potente. Luigi ha 54 anni, 35 dei quali trascorsi da emigrato in Germania. Duemila chilometri e passa lontano dalla sua terra, ha lavorato e faticato per costruirsi la villa nella sua Schiavonea, dove avrebbe trascorso gli anni della pensione.
L’ha costruita senza alcun tipo di permesso, come qui fanno in tanti purtroppo. Su terreni agricoli ereditati dai padri o dalle madri, in zone non comprese nel “Piano regolatore” urbanistico. Zone diventate negli anni centri urbani. “A forza” e “a botta” di condoni: quelli edilizi dei vari governi che hanno legalizzato l’illegale per recuperare quattrini.
Negli anni Novanta l’abuso di Luigi Lombisani – già bell’e compiuto – venne denunciato in Procura da parte dei Vigili Urbani.
S’arrivò al processo ed il suo avvocato dell’epoca consigliò il patteggiamento nonostante il reato si prescrivesse dopo appena qualche mese.
Coi giudici Luigi concordò e “incassò” la sua condanna a quattro mesi di reclusione (pena sospesa). Che poco dopo divenne definitiva ed esecutiva in ordine alla pena accessoria, vale a dire la demolizione della villa a sue spese. Lui però non demolì ciò che aveva costruito coi sudori della fronte.
Né ricevette mai, in Germania, le notifiche delle varie intimazioni giudiziarie in tal senso. Anzi, quando poteva tornava nella terra natìa per abbellire la villa. Il redde rationem arrivò nel gennaio 2013, quando l’ex Procura di Rossano fissò la data per fargliela demolire.
Ma Luigi, per “salvarla”, decise di salire sul tetto e di non scendere per giorni e giorni. Un caso di “resistenza umana” che fece molto scalpore mediatico.
L’uomo, disperato, presidiava fisicamente il tetto della villa, minacciando persino il suicidio.
Alla protesta di Lombisani si unirono molti cittadini, manifestandogli la loro solidarietà sotto la villa, occupandola fisicamente – corpo a corpo con Polizia e Carabinieri – per impedirne l’abbattimento.
Dopo giorni e giorni lo Stato s’arrese, una resa momentanea in attesa d’un momento più propizio per intervenire con le ruspe. L’arredamento venne però prelevato dagli addetti allo “sgombero” spalleggiati dalla forza pubblica.
Oggi la “resa” dello Stato è divenuta definitiva.
Ed è cristallizzata in una ordinanza del Tribunale di Castrovillari che dichiara “estinto” non solo il reato d’abuso edilizio (con la relativa cancellazione della patteggiata pena a quattro mesi di reclusione) ma pure gli effetti penali della sentenza emessa nel 2000 dall’ex Tribunale di Rossano, vale a dire la demolizione stessa della villa.
Così s’è risolto l’intricato e discutibile “caso”.
Regista dell’“operazione” il noto avvocato penalista Salvatore Sisca, al quale Luigi Lombisani s’era affidato oltre un anno fa.
Qualche giorno fa, infine, la Procura di Castrovillari ha disposto la restituzione a Lombisani del suo arredamento, che si trovava custodito a spese dello Stato nei magazzini d’una ditta di traslochi. Lo Stato ha alzato bandiera bianca…