Secondo i pentiti Pulicanò e Gioia decisivo sarebbe stato il ruolo dell’ “autorevole” presunto boss di Corigliano Calabro Filippo Solimando
Uomo morto che cammina. Lo “sgarro” di Antonio Abbruzzese. Il 44enne di Cosenza, noto negli ambienti criminali del capoluogo bruzio come “Tonino strusciatappina”, l’avrebbe combinata grossa.
Ai suoi stessi sodali: quelli del clan degli “Zingari” che imperversa su Cosenza col traffico di droga e con le estorsioni.
Il “fattaccio”, accaduto nell’estate del 2009, è al centro delle recentissime rivelazioni dei due nuovi collaboratori di giustizia cosentini, Mattia Pulicanò e Silvio Gioia.
“Tonino strusciatappina” avrebbe personalmente “distratto” un consistente gruzzolo di denaro dalla “bacinella” comune degli affari illeciti del clan.
Un clan che lo vedeva tra i “capi” secondo il narrato dei due nuovi pentiti.
Ma per quel “furto” doveva – e probabilmente per i suoi ex “compari” deve ancora – pagare il “prezzo” più caro: quello della vita.
«(…) Poco prima dell’arresto di “Strusciatappina” che è del luglio 2009», racconta Mattia Pulicanò in un verbale redatto lo scorso 30 maggio dinanzi al sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, Vincenzo Luberto, «Francesco Patitucci gli contestava un ammanco di 170mila euro dalla bacinella, proprio in considerazione del suo arresto non c’era modo di addivenire a nessun chiarimento. Proprio per questo ammanco Francesco Patitucci, Maurizio Rango e Franco Bruzzese hanno effettuato richieste estorsive a Tony Fusinato che gestisce una serie di attività commerciali quale prestanome di “Strusciatappina”. Quando nel maggio del 2013 sono usciti dal carcere Antonio Abbruzzese detto “Banana” e Tonino “Strusciatappina”, si è riproposto il problema dell’ammanco. Rango, e in rappresentanza degli italiani Renato Piromalli, Rinaldo Gentile, Adolfo D’Ambrosio e Umberto Di Puppo, avevano deciso di uccidere “Strusciatappina”. C’era il problema di attirarlo in una trappola: un primo tentativo è stato svolto da Rinaldo Gentile che non è riuscito nel suo intento in quanto “Strusciatappina” ha capito le sue reali intenzioni. Anch’io ho cercato di attirare in una trappola Tonino “Strusciatappina” essendo amico del nipote che spacciava per mio conto. Il piano era stato organizzato nel seguente modo: il killer doveva sopraggiungere a bordo di una moto che doveva essere guidata da Daniele Lamanna, il piano prevedeva il sopraggiungere di una macchina, con a bordo un secondo killer, che avrebbe dovuto infliggere il cosiddetto colpo di grazia. Inizialmente, i killer dovevano essere solo zingari e in particolare Tonino Abbruzzese “Banana” e Maurizio Rango, successivamente si decise di fare sparare un catanese che riforniva di marijuana Maurizio Rango. Non conosco il nome di questa persona, posso solo ipotizzare sia Andrea Caruso col quale sono stato detenuto presso la casa circondariale di Cosenza insieme a Maurizio Rango. Questo catanese era detenuto per possesso di cocaina. Nell’ultimo periodo, Tonino Abbruzzese “Banana” mi diceva che la trappola a Tonino “Strusciatappina” poteva essere tesa da Filippo Solimando, il capo ‘ndrina di Corigliano Calabro. Filippo Solimando avrebbe avuto “autorevolezza” per convocare ad un appuntamento Tonino “Strusciatappina”. Io non ho partecipato ad incontri con Filippo Solimando ma sono certo che, invece, incontri vi siano stati tra Filippo Solimando e Tonino Abbruzzese “Banana” per programmare l’omicidio di “Strusciatappina”. Per quello che mi ha riferito sia “Strusciatappina” che Maurizio Rango, sia Tonino Abbruzzese “Banana” sia Filippo Solimando erano andati a casa di Tonino “Strusciatappina” per parlargli. Questo omicidio a tutt’oggi non è stato consumato in quanto la sua programmazione è oramai nota alle forze dell’ordine, per cui lo stesso Rango ha deciso di rimandarlo. Io stesso ho procurato diversi appuntamenti con Tonino “Strusciatappina”. Poco prima del mio arresto, Roberto Porcaro mi ha detto che avevano risolto ogni problema, per cui, a breve, Tonino “Strusciatappina” sarebbe stato ucciso (…)».
Il contrasto sorto nel clan degli “Zingari” cosentini è confermato in un verbale di dichiarazioni rese lo stesso 30 maggio, sempre al Pm Luberto, dall’altro nuovo collaboratore cosentino, Silvio Gioia: «(…) Nell’ultimo periodo, in particolare dopo l’uscita dal carcere di Antonio Abbruzzese noto come “Strusciatappina”, quest’ultimo ha costituito un gruppo autonomo che è entrato in contrasto con Rango, il quale, a sua volta, è rimasto legato ai “Banana”, ai fratelli del “Pirolo” e a Luigi Abbruzzese figlio di “Dentuzzo”. Antonio Abbruzzese “Banana” è il capo di questo gruppo per ciò che attiene Cosenza, controlla il traffico di stupefacente e le estorsioni. Non conosco approfonditamente le ragioni del contrasto. So però che il fratello di “Strusciatappina”, Rocco Abbruzzese detto il “Pancione”, è stato colpito a un polpaccio, di recente, da un colpo di pistola sparato da Abbruzzese Marco detto lo “Struzzo” che compone il gruppo dei “Banana” (…)».
I verbali contenenti le dichiarazioni di Pulicanò e Gioia sono depositati agli atti del processo “Drugstore” la cui fase dibattimentale comincerà il prossimo mese d’ottobre, e, quindi, sono da considerarsi pubblici.