La “Carovana di don Mazzi”, partita il 25 marzo dalla storica sede della Fondazione don Antonio Mazzi sita nel Parco Lambro di Milano, farà tappa a Trebisacce. Per proseguire verso Reggio C. Della Carovana, che percorre l’Italia in bicicletta, fanno parte in prima persona don Antonio Mazzi e Antonio Rossi, plu-campione olimpionico e mondiale di Canoa-Kaiak e attualmente assessore allo Sport ed alle Poltiche Giovanili della regione Lombardia i quali accompagnano lungo l’Italia uno stuolo di giovani consapevoli che la società li ha già marchiati per un errore, che hanno avuto la sfortuna di compiere scelte sbagliate, scelte che li hanno portati alla droga che si è portata via una parte di loro, con il rischio di portarsi via anche il loro futuro. La fiaccola che precede la Carovana, accesa nel deserto di Giuda in occasione del 30° anniversario della Fondazione Onlus Exodus ha già superato il giro di boa del suo lungo viaggio che durerà sei mesi e che prevede 21 tappe italiane e 2 all’estero. Oltre ai due famosi Antonio (Mazzi e Rossi) della Carovana fanno parte 500 ragazzi e 80 tra educatori e volontari e avrà come corredo “una fiaccola”, “un diario di bordo” e “una mostra itinerante” dei lavori eseguiti dagli stessi ragazzi. «Due, – secondo don Mazzi – gli obiettivi dell’iniziativa: la rifondazione del gruppo Exodus e la prospettiva di aprire “strade impossibili” per arrivare… al Capitolo “carichi” di rinnovate energie. Carichi – ha dichiarato don Mazzi – di domande, di risposte, di prospettive, di abbozzi di nuovi scenari, di energia positiva, di consapevolezza, di spessore, di passione, di intelligenza». La Fondazione Exodus, com è noto, si occupa di questi giovani, li accoglie quando tutto sembra finito, quando la speranza sembra non esserci più. Cominciano un percorso comune fatto di attività motoria, musica o il semplice stare insieme, nel rispetto delle regole e degli altri. «E’ allora – ha aggiunto don Mazzi – che si può capire che la vita non è finita a 16 anni, ma che deve ancora cominciare. Noi – ha concluso don Antonio – ce la stiamo mettendo tutta e se facciamo tutto il possibile abbiamo anche la certezza di non essere pellegrini solitari, ma che ci mettiamo nel solco di altri sentieri impegnativi che altri prima di noi hanno tracciato».
     Pino La Rocca