Al maxiprocesso “Timpone Rosso” clamoroso colpo di spugna per l’ergastolo inflitto in primo grado al coriglianese Damiano Pepe. Per l’omicidio del padre dei due collaboratori di giustizia carcere a vita per Nigro e pene pesanti per Barilari e Falbo
“Timpone Rosso”, secondo atto. L’epilogo dell’ennesimo maxiprocesso contro il riconosciuto e temuto locale ‘ndranghetista degli “Zingari” di Cassano Jonio e delle sue sottoposte ‘ndrine di Corigliano Calabro e Rossano.
Questa volta erano stati mandati alla sbarra presunti mandanti, organizzatori ed autori della cruenta guerra di ‘ndrangheta che negli anni Duemila aveva terrorizzato da Nord a Sud, da Est ad Ovest, l’intero comprensorio della Sibaritide.
Lasciando sull’asfalto una decina di morti ammazzati.
Fine pena mai. Tradotto: ergastolo. La pena del carcere a vita ha travolto però soltanto quattro imputati dei diciannove per i quali il Procuratore generale Raffaella Sforza aveva sollecitato la massima pena prevista dall’ordinamento.
Quattro di essi hanno anzi incassato addirittura l’assoluzione.
Rigettato, dunque l’appello della pubblica accusa contro le assoluzioni sentenziate in primo grado dalla Corte d’assise di Cosenza.
E’ questo, in sintesi, il dispositivo della sentenza emessa l’altro ieri sera dalla Corte d’assise d’appello di Catanzaro presieduta da Palma Talerico, a latere Fabrizio Cosentino.
I togati catanzaresi hanno confermato solo quattro dei cinque ergastoli inflitti in primo grado, un anno fa, dalla Corte d’assise di Cosenza.
L’ergastolo, stavolta, è toccato solo al presunto capo del locale “zingaro”, Franco Abbruzzese alias “Dentuzzu”, a Francesco Abbruzzese alias “’U Pirolu”, al ritenuto capo ‘ndrina di Rossano, quel Nicola Acri noto alle cronache come “Occhi di ghiaccio”, al coriglianese Ciro Nigro.
Clamoroso “colpo di spugna”, invece, per l’ergastolo inflitto in primo grado al coriglianese Damiano Pepe alias “Tripolino”.
Già: è innocente, secondo i Giudici d’appello, colui il quale era ritenuto dalla pubblica accusa il mandante dell’omicidio del coriglianese Giorgio Cimino, ucciso in un bar di Corigliano Calabro nel 2001 e padre dei collaboratori di giustizia Giovanni ed Antonio Cimino i quali lo avevano accusato e fatto condannare per l’omicidio del cassanese Luigi Lanzillotta ucciso nel 1990 in una sala da barba di Corigliano Calabro.
“Tripolino” resta però in carcere poiché sta scontando la parte residua della pena a 23 anni inflittagli anni or sono proprio per l’omicidio Lanzillotta.
L’omicidio Cimino resta dunque senza mandante. E, forse, pure senza un movente “certo”. Ma il presunto esecutore materiale, Ciro Nigro, e i supposti organizzatori, fiancheggiatori e complici, Maurizio Barilari, Fabio Antonio Falbo, Vincenzo Curato e Carmine Alfano (gli ultimi due sono collaboratori di giustizia) sono stati condannati: il primo all’ergastolo, gli altri a pene pesanti.
Vediamo: per il presunto capo ‘ndrina di Corigliano Calabro Maurizio Barilari: 27 anni e sei mesi (a fronte dei 28 inflittigli a Cosenza), per Fabio Antonio Falbo 22 anni e nove mesi (in primo grado 23), per Vincenzo Curato 12 anni e sei mesi (a fronte dei 14 del primo grado) e per Carmine Alfano 8 anni e quattro mesi (10 anni in primo grado).
Su tale aspetto, gli avvocati Marcello Manna, Antonio Sanvito, Salvatore Sisca ed Andrea Salcina (difensori di Nigro, Barilari e Falbo) attendono con trepidazione il deposito delle motivazioni della sentenza – previsto tra novanta giorni – per affinare le loro strategie sugli scontati ricorsi in Cassazione.
Pene “affievolite”, pur se lievemente, nei confronti di Fiore Abbruzzese e Fioravante Abbruzzese, i quali dovranno scontare 24 anni e 8 mesi ciascuno (rispetto ai 25 del primo grado), per Armando Abbruzzese e Mario Bevilacqua, condannati entrambi a 24 anni e 6 mesi (25 in primo grado).
Assoluzioni piene e significative sono state pronunciate, poi, nei confronti del capostipite degli “Zingari” cassanesi, Celestino Abbruzzese alias “Asso di bastone” e padre di Franco “Dentuzzo”, il quale in primo grado era stato condannato a 24 anni, del figlio Nicola alias “Semiasse” (12 anni in primo grado), di Rocco Antonio Donadio (25 anni in primo grado), di Tommaso Iannicelli (15 anni in primo grado), di Giovanni Abruzzese alias “il Cinese” (25 anni in primo grado).
Assoluzioni confermate, infine, per Domenico Madio ed Antonio Abbruzzese.