«Condividere un cammino comune per gridare che Cassano e tante altre realtà locali non sono solo ‘ndrangheta. E l’essere qui, oggi, in tanti, è la testimonianza più vera e autentica di ciò. Questa visita non è solo testimonianza di solidarietà; non basta nemmeno la memoria. Siamo qui oggi perché vogliamo riassumere un impegno forte partendo proprio dall’ascolto dal basso». Così il Presidente della Commissione regionale della Calabria contro la ‘ndrangheta, Salvatore Magarò, introducendo i lavori della seduta straordinaria dell’organismo consiliare, svoltasi oggi a Lauropoli, presso l’associazione Saman. Una riunione decisa dalla Commissione all’indomani della barbara uccisione del piccolo Cocò, vittima della ferocia della criminalità organizzata. In una sala affollata di rappresentanti istituzionali (presenti tra gli altri i componenti della Commissione: Gallo, Guagliardi, Albano, Giordano, Maiolo, i capigruppo Morrone e Chiappetta, il sindaco di Cassano Giovanni Papasso e quello di Francavilla, Valente), rappresentanti delle forze dell’ordine, del mondo della chiesa, del sindacato e dell’associazionismo (tra gli altri, Civis onlus, Il samaritano, Agesci, Il Sorriso, Misericordia, Movimento per la vita, Enotri) e i dirigenti delle scuole di Cassano e Sibari con una nutrita rappresentanza di studenti, il presidente Magarò ha tra l’altro dichiarato, nel corso del suo intervento: «la lotta alle mafie coinvolge in primo luogo la politica. Non si uccide solo con le armi ma anche negando ai cittadini la speranza di un futuro. Per questo – ha continuato il Presidente – il mio pensiero va, oggi, non solo a Cocò ma alle vittime dell’usura, del racket, delle estorsioni, della corruzione, del caporalato e del lavoro nero. Agli imprenditori che non si sono voluti piegare all’andazzo e che per questo hanno pagato caro». I lavori della Commissione sono proseguiti poi con la testimonianza di Marisa Garofalo, sorella di Lea Garofalo, testimone di giustizia brutalmenteassassinata a Milano. Nel suo intervento la Garofalo non ha esitato a lanciare un atto di accusa nei confronti delle Istituzioni e di quegli Enti preposti alla protezione e alla tutela di testimoni di giustizia e minori. «Le storie di Cocò e Lea – ha detto la Garofalo – sono diverse ma molto simili perché entrambi potevano essere salvati. Mi chiedo come si sia potuto affidare un bambino alle cure di un pregiudicato, sorvegliato speciale. Dove erano i Servizi Sociali e dove era lo Stato quando decisero di revocare il programma di protezione a mia sorella e fu abbandonata al proprio destino?» Dopo la testimonianza di Marisa Garofalo è stata la volta degli interventi dei rappresentanti delle associazioni, della scuola, del volontariato. Unanime la volontà di fare rete e di non disperdere il patrimonio di buone esperienze e percorsi di riabilitazione e reinserimento che – è stato ribadito a più voci – necessitano di essere perfezionati con l’inserimento nel mondo del lavoro e colmando il gap di disoccupazione giovanile che resta, al momento su livelli allarmanti.